Il pittore e scultore Amedeo Modigliani (1884 – 1920), noto anche con i soprannomi di Modí e Dedo, arrivò a Parigi dall’Italia, era nato a Livorno, nel 1906 e si inserì in quella che sarà definita la bohème di Montmartre. In breve diventò amico e sodale di artisti come Moise Kisling, Pablo Picasso, Diego Rivera, Juan Gris, Max Jacob e degli scrittori Blaise Cendrars e Jean Cocteau. Una amicizia particolarmente forte lo legherà ad un altro pittore, Maurice Utrillo (1883 – 1955), con cui condivise, nonostante le frequenti liti, sia il senso di necessità di un rinnovamento della pittura, sia l’amore smodato per l’alcol.
Distrutto dalla tubercolosi, morì a soli 35 anni quanto aveva realizzato, il 3 dicembre 1917, alla Gallerie Berthe Weil, una prima mostra personale, chiusa poco ore dopo l’apertura su ordine del capo della polizia di Parigi scandalizzato dai nudi esposti nella vetrina della galleria. Il pittore morirà tre dopo idi tubercolosi, una malattia di cui soffriva da tempo e che, causa le polveri, lo aveva costretto ad abbandonare la scultura. A questo artista, esempio quasi classico, del creatore maledetto, Gipo Gurrado, in veste di autore e regista, ha dedicato Modí, uno spettacolo fortemente incernierato sulle parti musicali e interpretato da sette attori – cantanti e quattro musicisti. Lo spettacolo focalizza gli ultimi mesi di vita dell’artista, le figure di alcuni fra i suoi compagni di sregolatezze e quella della sua donna, Jeanne Hèbuterne, che si uccise due giorni dopo la sua morte, mentre era al nono mese di gravidanza. Ne nasce uno spettacolo che sarebbe sbagliato etichettare come musical, visto che è, piuttosto, una riflessione, cadenzata da canzoni e brani recitati, sull’arte d’avanguardia in un epoca dominata da un feroce convenzionalismo e da pregiudizi difficili da scalzare. Una proposta molto interessante e per buona parte riuscita, anche se mancano alcuni auspicabili approfondimenti, soprattutto in direzione del quadro storico in cui la vicenda si svolge.