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Il servitore di due padroni Il servitore di due padroni Hot

Il servitore di due padroni

Cast, Crew, Infos - Teatro

Titolo originale
Il servitore di due padroni
Autore
Ken Ponzio da Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni
Interpreti
Roberto Latini, Federica Fracassi, Massimiliano Speziani, Lucia Peraza Rios, Giovanni Franzoni, Marco Cacciola, Elisabetta Valgoi, Annibale Pavone, Rosario Tedesco.
Scene
Annelisa Zaccheria
Luci
Robert John Resteghini
Compagnia
Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Stabile del Veneto, Fondazione Teatro Metastasio di Prato

Il servitore di due padroni di Antonio Latella è forse lo spettacolo che in questa stagione ha più di ogni altro spaccato critica e pubblico. Contestata apertamente a Venezia, fischiata e applaudita con pari veemenza in altre grandi città, questa temeraria riscrittura firmata dal regista campano e, in sede drammaturgica, da Ken Ponzio rientra nella categoria delle esperienze teatrali da prendere o lasciare, senza vie di mezzo. Punto di partenza, come intuibile da titolo, è la commedia omonima di Carlo Goldoni (1707 – 1793), composta nel 1745 e condotta a nuova celebrità nel secondo dopoguerra del Novecento dall’allestimento di Giorgio Strehler (1921 – 1997).

Ma si dimentichino le parrucche, i costumi a losanghe e i saltelli: l’universo nel quale vengono calati i personaggi usciti dalla penna dello scrittore veneziano è lontano anni luce dalla cartapesta tradizionale. La vicenda è trasposta nella contemporaneità di un hotel di lusso, con Brighella (Massimiliano Speziani) ridisegnato maitre in frac e Smeraldina (Lucia Peraza Rios) donna delle pulizie simil - portoricana con carrello e piumino. Qui il ricco Pantalone (Giovanni Franzoni), che fa la sua comparsa in giarrettiere e senza calzoni, attende il matrimonio della figlia Clarice (Elisabetta Valgoi) con lo spasimante Silvio (Rosario Tedesco, l’unico in costume settecentesco), figlio del dottor Lombardi (Annibale Pavone). Giunge però la notizia che l’originario sposo promesso Federigo Rasponi non è morto, come invece si era creduto. Ed è proprio lui (Federica Fracassi) a materializzarsi all’improvviso per reclamare moglie e dote, accompagnato dal servo Arlecchino (Roberto Latini). Le cose si rivelano presto diverse da come appaiono: il sedicente Federigo è in realtà sua sorella Beatrice en travesti, Arlecchino è Federigo, e i due – giunti a Venezia per impadronirsi del denaro - si amano e desiderano di nascosto. Sono dunque ambiguità, incesto e menzogna i pilastri sui quali lavorano regista e drammaturgo, già responsabili nel 2010 di Lear e Altare per voce sola: Maria. Il primo rivolta il testo di Goldoni modificandone dinamiche, scarnificandone la lingua e arricchendolo di curiose interpolazioni, con un occhio a Heiner Müller e uno al teatro dell’assurdo britannico. Il secondo, manipolando a piacimento un cast in grande forma, mette letteralmente i baffi a Beatrice, trasforma il di lei amante Florindo (Marco Cacciola) in un metrosexual con la gonna, toglie la maschera ad Arlecchino e lo veste di un bianco neutro, affida la lettura delle didascalie a Brighella, disarticola azioni e movimenti non risparmiandosi soluzioni da pochade e vezzi da tanztheater bauschiano. Delimitandolo con una sempre più sottile ed elastica quarta parete, imbozzola l’intreccio in una bolla, in un circuito chiuso all’interno del quale si consuma l’impossibilità dello svolgimento della commedia e le spinte meta-teatrali sabotano sistematicamente l’archetipo tra stridori, dissonanze, accelerazioni e fiammate improvvise. Le convenzioni vengono usate, rivelate, dichiarate e poi fatte saltare, mentre il cortocircuito tra passato (immaginario e tradizione) e presente (interrogazione critica e desiderio di rivolta) provoca uno sconvolgimento che parte dall’iconografia per risalire poi alle potenzialità residue del testo di partenza, del suo autore e infine alle possibilità del teatro stesso. Persino l’illusione viene rotta col protendersi delle maschere, ormai smascherate e divenute personaggi precari e instabili, verso un pubblico da agitare, rintronare e risvegliare: Smeraldina inneggia alla rivoluzione tirando in ballo Barack Obama e Angela Merkel, altri ammiccano o estenuano le gag fisiche in gesti meccanici, il lazzo arlecchinesco – spezzato e reiterato - logora la platea anziché divertirla ed è simbolo di sconfitta. Nonostante le molte risate, la provocazione si colora di inquietudine, il gioco dinamitardo – quanto mai cerebrale e deliberato – si ricompone scenicamente in una lunga e irregolare coreografia, sorta di esagitato percorso analitico-conoscitivo attraverso il mondo goldoniano, la cui conclusione non può che essere lo svaporarsi della tradizione e l’emergere di un nuovo mistero, di una nuova prospettiva. Tagliata la barba al profeta, non resta nulla del Goldoni delle stampe antiche o delle foto di scena in bianco e nero. Ad aprirsi è invece un orizzonte di domande, tanto per l’artista quanto per lo spettatore.

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Il servitore di due padroni
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opinioni autore

 
Il servitore di due padroni 2014-03-03 16:39:12 Umberto Rossi
Giudizio complessivo 
 
8.0
Opinione inserita da Umberto Rossi    03 Marzo, 2014
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