Enrico Bonavera è un bravo trasformista che, con l’aiuto di pochi accessori, riesce a restituire allo spettatore i personaggi più diversi. Un grande patrimonio tecnico che, tuttavia, per essere messo a frutto richiede un forte apporto registico, in questo caso affidato a Christian Zecca che collabora anche alla stesura del testo.
L’affaire Picpus cita nel titolo uno dei romanzi di Georges Simenon (1903 – 1989), Maigret e l'affare Picpus (Signé Picpus, 1944), ma non trascura riferimenti a Nikolaj Vasil'evič Gogol' (1809 – 1852), Franz Kafka (1883 – 1924), Michail Bulgakov (1891 –1940), Carlo Collodi (1826 – 1890), Edmond Rostand (1868 – 1918) e vari altri scrittori e drammaturghi. Una materia troppo abbondante che non subisce alcun filtro, ma è utilizzata solo come pretesto per una serie (tredici) di personaggi collegati dal flebile filo di un tipo che ha perso il naso e non riesce più a ritrovarlo, neppure ricorrendo all’aiuto di poliziotti, chirurghi estetici, impiegati comunali e preti. Un materiale non tenuto assieme da alcun legame coerente, tanto che il colpo di scena finale (il naso si trasforma in dittatore che regola la nostra vita) appare più come un pretesto per chiudere il discorso che non una scelta ben meditata. In altre parole un florilegio di macchiette alcune delle quali divertenti, altre più banali ma slegate da un qualsiasi vero filo conduttore.