Italia mia Italia è un perfetto esempio di teatro – canzone. Scritto, interpretato, cantato da Maddalena Crippa, che ha trovato nella regia di Peter Stein un contributo indispensabile, dispiega un inno d’amore al nostro paese e lo costruisce attraverso brani di canzoni, frammenti di libri, citazioni dotte e riferimenti popolari. Il primo obiettivo è quello di smentire quel clima di assordante pessimismo che legge nelle vicende italiane una sorta di ineluttabile condanna al disfacimento e al degrado.
Certo, nella realtà in cui siano immersi sono presenti anche questi fattori negativi, ma anch’essi fanno parte di un amalgama feconda capace di tratte linfa vitale anche dagli aspetti peggiori del carattere nazionale. L’attrice e cantante ha il pregio di cogliere questo nesso positivo fra decadenza e riscatto, fra negatività e costruzione di nuovi equilibri degnati da una profonda originalità. Viene in mente la famosa frase di Orson Welles, ripresa da Jean Luc Godard, secondo cui è vero che in passato in Italia ci sono stati delitti di stato e nefandezze morali insopportabili, mente in Svizzera tutto è filato liscio, ma non è meno vero che da noi ha preso vita il Rinascimento e hanno operato grandissimi artisti, mentre la cultura elvetica ha proposto al mondo solo l’orologio a cucù. Maddalena Crippa coglie la fecondità – culturale, industriale, umana – del caos italico esemplificandola con un continuum di brani musicali colti dagli autori più disparati cadenzati da capitoli e citazioni da Pier Paolo Pasolini, Giacomo Leopardi, Federico Fellini, e dal sociologo Franco Cassano. Ne emerge uno spettacolo compatto e commuovente, un discorso accorato e musicalmente perfetto sul quadro di un paese che riesce a mantenere una sua grandezza anche nei momenti più bui della storia.
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