Bruce Bane, killer al soldo del crimine organizzato, viene colpito da un malvivente a tradimento. Ferito e sanguinante, scappa. Inizia un lungo inseguimento per le strade, al termine del quale decide di scomparire per sempre. Riesce a costruirsi vita e identità nuove all’altro capo degli Stati Uniti, ma il passato, anche a distanza di anni, è in agguato.
L’inizio di Bane, sulla carta, parrebbe quello di un ambiguo thriller cinematografico - tutto volti truci, clima di minaccia e ombre di pistole - sull’impossibilità di liberarsi del peso delle proprie azioni (alla A History of Violence - 2005 - di David Cronenberg, per intenderci). E’ invece l’avvio di un vorticoso one man show teatrale, con un unico attore a ricreare voci e gesti di ben 79 personaggi e il suono pressoché ininterrotto di una chitarra (del musicista Ben Roe) a ritmare la narrazione, senza perciò effetti sonori o giochi di luce aggiuntivi, senza alcun orpello scenotecnico. Solo di fronte alla platea, l’inglese Joe Bone (non ancora trentenne) dà vita al suo film da palcoscenico, riproduce scazzottate e sparatorie, flashback e serrati montaggi paralleli, in un esercizio di equilibrismo mimico-vocale iperbolico ai limiti della schizofrenia. Il risultato, tra l’adrenalina della serie Die Hard (11988 - 2013) e la stupidità impassibile di dei tre titoli legati a Una pallottola spuntata (The Naked Gun: From the Files of Police Squad!, 1988), è così un viaggio nei più vieti stereotipi del cinema noir e action, una ghignante parodia cinefila infarcita di umorismo demenziale che finisce col regalare al pubblico uno strano connubio tra l’affabulazione da teatro di narrazione e la spensieratezza di certe ingenue pantomime goliardiche tra amici. Non si cerchino profondità impossibili, non si rifletta troppo su cosa potrebbe nascondersi dietro la risata: lo spettacolo presentato in prima nazionale al Teatro della Tosse – in realtà terzo capitolo di una premiatissima trilogia interamente incentrata sul sicario Bane - vale soprattutto come gioco ammiccante, oltre che come testimonianza di un talento grezzo e forsennato, finora quasi sconosciuto in Italia.