Cosa unisce le vite di Wanda Osiris, Maria Callas, Marilyn Monroe e Marlene Dietrich? Stando a Le divine, nuova proposta della Compagnia Teatro Nudo, il fatto di essere state dedicate interamente all’arte e all’amore, in un’aderenza assoluta al proverbiale verso della Tosca pucciniana.
Tanto la soubrette italiana quanto la soprano greca, tanto la stella americana quanto l’ambigua cantante e attrice tedesca, insomma, si dedicarono anima e corpo alla propria missione artistica, legando inevitabilmente ad essa ogni tentativo di realizzazione sentimentale, gli amori e gli affetti resi impossibili o comunque minati dalla condizione di divinità terrena conquistata grazie allo show business e dalle fragilità nascoste tra le pieghe del talento. Lo spettacolo verte su questo intreccio, ed è suddiviso in quattro blocchi, quattro monologhi a sé stanti (uno dei quali, quello della Callas, è in realtà un’intervista con domande e risposte registrate) tenuti insieme unicamente dalla voce spettrale e suggestiva di Valentina Cortese, l’indimenticata protagonista di Effetto notte e di tanto teatro strehleriano, che di quelle donne è stata amica e compagna di strada. Wanda, Maria, Marilyn e Marlene si raccontano, dunque, ripercorrendo le tappe di esistenze talvolta felici, sempre turbolente, introdotte e salutate da alcune delle loro esibizioni più celebri. Nell’alternanza di parti recitate e immagini di repertorio proiettate nel buio, lo spettacolo trova complessivamente una sua definizione strutturale e un andamento sinuoso, ma a livello di scrittura non riesce però a creare autentica narrazione e soprattutto ad aggiungere qualcosa di nuovo alle biografie arcinote dei personaggi riportati brevemente in vita. Troppo è già stato detto e pubblicato, infatti, per poter offrire allo spettatore uno sguardo originale, una luce inedita attraverso cui illuminare figure entrate da decenni nell’immaginario collettivo. Il problema di fondo dell’operazione, così schiacciata tra l’aneddotica e il feticismo, è forse proprio questo. Restano la comunque forte presenza-assenza incombente della narratrice, con il suo bagaglio di testimonianze e l’aura di grande superstite di un’epoca ormai scomparsa, e l’ottima prova di Simona Fasano, Susanna Gozzetti e Lidia Treccani, capaci di ovviare con generoso impegno alla fragilità del tessuto drammaturgico.