Eugène Marin Labiche (1815 – 1888) scrisse Un cappello di paglia di Firenze (Un chapeau de paille d’Italie) nel 1851 assieme a Michel Marc-Antoine, detto Marc-Michel (1812 - 1868), che curò anche la parte musicale del testo. Un copione particolarmente brillante e fortunato che molti considerano uno dei momenti più alti del Theatre du Vaudeville, un genere leggero nato alla fine del settecento che emigrerà, negli anni ottanta, nell’America del Nord ove si distinguerà come genere di successo sino agli anni venti del Novecento per trasformarsi, poi, nel moderno Varietà.
Questo testo, ricco di qui pro quo, incidenti, personaggi che si svelano legati ad altri è stato scelto da Anna Laura Messeri, che ne ha curato anche la traduzione, come saggio di diploma per gli allievi della Scuola di Recitazione del Teatro stabile di Genova. La regista e insegnante propone una lettura piana la cui unica originalità è l’uso di canzoni note, anche se con testi adattati alla bisogna. In questo modo la corsa frenetica di Ferdinand, nel giorno in cui sta per sposarsi, alla ricerca di un cappello di paglia di Firenze per sostituire quello di una sposina che lo aveva appoggiato su un cespuglio nel corso di un incontro galante con un militare e che il suo cavallo aveva mangiato, diventa un banco di prova per le capacità degli allievi, neodiplomati o ancora studenti. E’ questo il primo dato di cui tener conto e che indurrebbe a considerare non proprio eccezionale questa covata di aspiranti nuove presenze della scena. L’uso del condizionale è dovuto al fatto che la scelta del testo e, più ancora, quella dell’approccio registico abbiano giocato pesantemente a sfavore di giovani privi di reale esperienza scenica. In altre parole la piattezza della regia ha privato lo spettacolo di quel sapore che, ad esempio, si coglieva negli spettacoli diretti da Massimo Mesciulam, sempre con gli allievi della scuola. Un esempio per tutti. Silvia Biancalana ed Elisabetta Mazzullo, che solo poche settimane orsono avevano dato prove più che interessanti ne La lotta nella stalla (El combate en el establo) di Mauricio Rosencof, regia di Mario Jorio, qui appaiono quasi irriconoscibili nei ruoli della sposa Elena e della Baronessa di Champigny.