Mauricio Rosencof (1933) è uno scrittore, giornalista e politico uruguaiano. Ha fondato Unione delle Gioventù Comuniste ed è stato uno dei dirigenti del Movimento Nazionale di Liberazione Tupamaro. Arrestato nel 1972, è stato torturato ripetutamente e inserito, in seguito al colpo di stato del 1973, nell’elenco dei rehén, ostaggi destinati a morte immediata nel caso qualche attentato avesse minacciato la sicurezza delle Forze Armate.
E’ rimasto in prigione per ben dodici anni in condizioni terribili ed è stato liberato solo nel 1985. Negli ultimi tempi ha ricoperto il ruolo di assessore alla cultura del comune di Montevideo, dove vive. Ha scritto La lotta nella stalla (El combate en el establo) nel 1985, subito dopo essere uscito dalla prigione. E’ un bel testo che s’inserisce nel filone fantastico – politico tipico della cultura latinoamericana. In una stalla ci sono due bovini sorvegliati e angariati da un padrone dispotico e crudele. Una è una mucca rassegnata al suo ruolo, sino a preoccuparsi che la quantità di latte che produce non sia adeguata alle richieste del proprietario. L’altro e un animale a mezza strada fra l’essere indipendente e il bovino che sta per diventare vacca servizievole. La fine del percorso lo vedrà (quasi) definitivamente trasformato in animale addomesticato e sottomesso. Per ottenere questo risultato il padrone utilizza ogni mezzo: scariche elettriche, mancanza d’acqua e di cibo, mutilazioni, botte. E’ la metafora della condizione degli esseri umani sottomessi a un regime tirannico, condizione che l’autore conosce bene. Il testo è concentrato e scattante, con il ritmo giusto e lo sviluppo coerente. Lo avviamo visto nel corso della classica rassegna di fine stagione organizzata dal Teatro di Genova per proporre opere, messe in scena in modo ridotto, ma che potrebbero avere un posto anche nel cartellone della prossima stagione. C’è da augurarselo.