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Dopo la battaglia Dopo la battaglia Hot

Dopo la battaglia

Cast, Crew, Infos - Teatro

Titolo originale
Dopo la battaglia
Autore
Pippo Delbono
Interpreti
Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Alexander Balanescu, Bobò, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Marigia Maggipinto, Julia Morawietz, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella.
Scene
Claude Santerre
Musica
Alexander Balanescu
Luci
Robert John Resteghini
Compagnia
Compagnia Pippo Delbono, Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma

La scena di Dopo la battaglia, l’ultimo spettacolo di Pippo Delbono, è un soffocante perimetro di reclusione. Muri alti, di un grigio inquietante, si proiettano apparentemente infiniti verso l’alto, mentre tre porte blindate separano dall’esterno. E’ lui stesso, in Dopo la battaglia – scritti poetico-politici  (Barbes editore, 2011), a svelare la suggestione che sta alla base della scelta scenografica: in questo spazio grigio (…) vedo un luogo fisico di detenzioni, di prigionia, di isolamento, e anche un luogo mentale, di chiusura della mente, incapace di trovare una libertà, una lucidità. Il palco-prigione, dunque, è uno spazio mentale. Manca – ed è quasi superfluo sottolinearlo – l’accomodante convenzione della quarta parete, sostituita dalla distesa di sguardi di chi osserva immobile il pericoloso andirivieni dei corpi guidato dal regista-domatore.

Sguardi prigionieri, li si potrebbe definire con qualche concessione all’enfasi, ma di chi? Innanzitutto dei fantasmi di un artista dichiaratamente perso in un mondo – l’Italia di oggi - dominato dalla schizofrenia e dalla paura dell’altro: vedo pensieri malati fuori e dentro la mia testa, e la testa di noi tutti, pensieri chiusi, pensieri bui, asfissianti. L’esperienza a cui è sottoposto lo spettatore è quella di un viaggio nella follia, una penetrazione visionaria negli angoli più oscuri della società e dell’inconscio. Il cuore è il rimosso collettivo e individuale, tutto ciò che viene allontanato perché terrorizzante, l’incubo interiore che i fulminei squarci di ironia rendono ancora più sinistro, più minaccioso. Nel calderone delboniano è possibile trovare qualsiasi cosa: una ballerina in tutù lanciata in una danza disperata, il Macbeth di Giuseppe Verdi, le coreografie di Pina Bausch, una Madonna in carne ed ossa che fatica a passare dalle porte, il tricolore, un mimo tarantolato, filmati sgranati con i migranti che affollano il Mediterraneo e persino la madre del regista, da poco scomparsa. Come nell’ormai mitico Urlo (2004), si punta all’accumulo di immagini, di suoni, di note, di frammenti video e di movimenti dissonanti, compressi e contaminati fino a creare un’impressionante tempesta allucinatoria, trasfigurazione dichiarata dei drammi di un paese destinato al naufragio – e forse già naufragato da tempo. La drammaturgia è perciò sfrangiata, ridotta a brandelli di scrittori e poeti (Antonin Artaud, Franz Kafka, Alda Merini e Pier Paolo Pasolini, tra gli altri) rielaborati per l’occasione. Le parole e la musica del violinista rumeno Alexander Balanescu (ma anche di Elis Regina, Henri Salvador, Maria Salgado e Irène Jacob) fanno da filo conduttore, da traino, sospingendo letteralmente i singoli blocchi e animando i contorcimenti cui sono costretti i membri di una compagnia di teatranti sempre più diseguale e clownesca, vera e propria corte dei miracoli fuori dal tempo (lo spettacolo, non a caso, è dedicato a Bobò, l’anziano sordomuto cresciuto in manicomio e da anni suo complice sul palco). Nella grigia prigione si consumano così i rantoli terminali di un immaginario che fonde alchemicamente l’opera e il pop, la risata sguaiata e lo shock, il sublime e il triviale, l’innocenza e la sordidezza, il cinema e la grande tradizione teatrale, la politica dei burocrati di provincia e il lamento del nobile poeta solitario, il ricordo del recluso e la disperazione del combattente. Straordinario Barnum funebre, processione laica tra la memoria ammuffita del passato e l’orrore del presente, Dopo la battaglia è un’esplosione di energia drammaticamente effimera, uno schiaffo che non può lasciare indifferenti e costringe a riflettere sulla precarietà e le contraddizioni disumane dell’esistenza. E’, in sintesi, l’ennesima confessione di un artista che, schiacciato dall’incombenza della fine, sente ogni volta il bisogno di trascinarci nel caos della sua – e della nostra - mente in subbuglio.

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opinioni autore

 
Dopo la battaglia 2013-03-22 09:39:00 Umberto Rossi
Giudizio complessivo 
 
9.0
Opinione inserita da Umberto Rossi    22 Marzo, 2013
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