Camilla di Lazzaro Calogero e Matteo Monforte mette in scena due ipotesi di vita che potrebbero essere susseguenti o contemporanee. La prima Camilla è una giovane incinta che aderisce a una banda terrorista e ferisce a morte un professore universitario d’economia considerato da questi criminali un servo del sistema. Ne seguiamo i triboli nelle ore che separano l’attentato dall’annuncio della morte del docente, quando il ferito potrebbe ancora sopravvivere e identificare l’attentatrice.
La seconda Camilla è una casalinga con marito disoccupato vittima di uno strozzino albanese che la ricatta sessualmente. Per uscire dalla morsa finirà con uccidere il cravattaro investendolo con l’auto. Potrebbero essere due storie in parallelo, oppure anche una di seguito dell’altra nel senso che potremmo pensare che la donna, uscita dalla morsa terrorista, si sia convertita in una tranquilla borghese per mantenendo intatta la tentazione a risolvere con la violenza i problemi che la assillano. Come si può capire da questo rapido riassunto è un copione particolarmente adatto alla recitazione di una brava attrice e Alessandra Caviglia, ex allieva della scuola dello Stabile come i suoi compagni d’avventura Davide Mancini e Marco Taddei, esibisce al meglio capacità interpretative di ampio spessore. E’ la conferma della tendenza di questa scuola a raffinare attrici di grande valore. Nel caso specifico la stella dell’attrice brilla anche per merito di un copione che le consente una maggiore sfaccettatura di toni rispetto a quelle messe a disposizione dei ruoli maschili. Si potrebbe anche dire che certe acerbità del testo gravitano in modo particolare e sono accentuate del disegno proposto dai due uomini che spesso appaiono sagomati in modo sbrigativo e con non pochi tratti grossolani. Note che stridono meno nella figura del giovane terrorista grossolano e violento, ma che infastidiscono non poco nella figura del marito borghese, un personaggio sagomato in modo da assumere a momenti tratti che sfiorano la caricatura.