Ronald Harwood scrisse il dramma Servo di scena (The Dresser, 1980) ambientandolo nella Londra sotto le bombe tedesche. L’anno è il 1940 e le sorti del conflitto sembrano volgere a favore dei nazisti. La capitale è sotto il tiro della Luftwaffe, ma gli inglesi rifiutano di piegarsi agli aggressori modificando i loro comportamenti. I pub e i teatri funzionano regolarmente, anche se questi ultimi, causa il richiamo alle armi degli uomini validi, sono affidati ad attori vecchi, invalidi o omosessuali, come recita una battuta del testo
In uno di questi teatri recita la compagnia di un anziano capocomico che vive ancora nel ricordo del premio, ottenuto nel 1929, quale miglior Amleto sulla scana londinese. Sono passati molti anni, il gruppo si è ridotto all’osso e all’anziano trombone è rimasta solo con una piccola corte composta dal suo servo di scena che lo assiste in camerino, la direttrice di palcoscenico burbera e segretamente innamorata di lui e la giovane amante che gli è anche compagna sul palcoscenico e che lui si è sempre rifiutato di sposare. Tutto si svolge durante la preparazione e recitazione di una replica di Re Liar (1605-1606) di William Shakespeare (1564 – 1616). All’inizio non c’è traccia del capocomico e tutti sono in fibrillazione perché la sola cosa che si sa è che è stato ricoverato in ospedale dopo aver dato di matto in un mercato. Il grande attore arriva all’ultimo minuto, si trucca, va in scena, anche se dimentica qualche battuta e ha momenti di assenza. Nonostante questo la rappresentazione arriva alla fine. Fine anche della vita dell’anziano teatrante che spira in camerino, lasciando orfani e attoniti i suoi cortigiani. E’ un classico testo di parola per grandi attori e, in questo caso, Franco Branciaroli, qui anche in veste di regista, offre una prestazione giustamente misurata, anche se è notevolmente messo in ombra dal giovane Tommaso Cardarelli la cui prestazione costituisce il dato maggiormente positivo della proposta.