Da sempre, il culto generato dai musical non ha eguali nel mondo del teatro. Lo conferma esemplarmente Grease, la cui capacità di trascinare pubblico in sala si è mantenuta immutata a oltre quattro decenni dal debutto e nonostante il pesante confronto con la celebre versione cinematografica, risalente al 1978, diretta da Randal Kleiser e interpretata da John Travolta e Olivia Newton-John. Lo spettacolo vide la luce nel 1971, quando Jim Jacobs e Warren Casey decisero di realizzare un’opera rock elettrica da rappresentare nei teatri off di Chicago.
Al centro dell’esilissima vicenda (poco più che un ammasso di stereotipi su cui costruire numeri musicali), inserirono il tira e molla sentimentale tra lo sbruffone Danny Zuko, leader dei T-Birds dal ciuffo a banana, e la bionda Sandy Olsson, prototipo della ragazza acqua e sapone con golfino e gonna a ruota. Tutto intorno, invece, l’iconografia colorata dell’America anni cinquanta con il rock‘n’roll, i juke-box, i giubbotti di pelle dei fan di Elvis, i pompon delle cheerleader, i balli studenteschi e le radio clandestine. Il titolo, traducibile letteralmente con la parola “grasso”, stava a indicare la brillantina con cui erano cosparsi i capelli dei maschi dell’epoca, l’unto degli hamburger e delle patatine fritte dei fast food, ma soprattutto l’olio delle auto fuoriserie dai motori truccati, tutti simboli di una libertà giovanile fatta di corse notturne sull’asfalto, amoreggiamenti e sbronze colossali. Sospinta dal gioioso anacronismo dell’ambientazione e fiancheggiata dal contemporaneo revival cinematografico dell’American Graffiti (1973) di George Lucas, la creatura dei due giovani compositori si trasformò con sorprendente rapidità in uno dei long running show (come sono definiti gli spettacoli capaci di resistere in cartellone nel tempo) di maggior richiamo, dentro e fuori Broadway. In Italia è giunto relativamente tardi, nel 1997, grazie al fiuto del regista Saverio Marconi, con Giampiero Ingrassia e Lorella Cuccarini mattatori di grande richiamo. Ancora a distanza di anni e con un cast del tutto rinnovato, lo spettacolo si conferma una macchina da applausi furbissima e pressoché infallibile. Sulle note di brani arcinoti rigorosamente in italiano, tutto funziona: persino i cambi scena sembrano essere fonte di spasso e meraviglia. Non c’è tempo per guardare l’orologio, gli attori cantanti-ballerini procedono con la sicurezza di chi ha alle spalle centinaia di repliche (bravi i due protagonisti Riccardo Simone Berdini e Serena Carradori) e poco importa davvero che ciò che accade sul palco sia destinato a evaporare come il fumo che accompagna gli effetti stroboscopici. Entusiasta, il pubblico saluta coreografie e assoli con un vero e proprio tifo da stadio, sostenendo incessantemente l’intera rappresentazione sino alle interminabili chiamate finali.
