Laura Sicignano è una delle voci più interessanti del panorama teatrale italiano. I suoi spettacoli, qualunque sia il giudizio complessivo che se ne dia, contengono sempre qualche elemento sorprendentemente nuovo, spesso nato dall’amalgama fra materiali preesistenti uniti in modo da costruire testi sorprendentemente originali. E’ un dato rintracciabile anche in Tra i vivi non posso più stare, nato come omaggio alla giornata della memora costruito assieme a scuole, conservatorio musicale, importanti teatri.
E’ un percorso che esce dal classico itinerario biglietto, atrio, poltrona per diventare un vero cammino nel ricordo dell’orrore, una via dolorosa lastricata di sprazzi di altri testi. Si parte con alcune battute tratte da L’istruttoria (Die Ermittlung, 1965) di Peter Weiss (1916 – 1982) per proseguire con brani che intrecciano ricordi, musica, recitazione, immagini video. Il tutto seguendo un percorso fra pochi arredi di scena – qualche vecchio materasso, una sfilza di seggiole spaiate, una spalliera da palestra, alcuni schermi – che simula, sino a suscitare un coinvolgimento totale, il calvario cui dovettero sottostare i deportati dei lager. Non è solo un omaggio alle vittime di crimini orrendi e alla responsabilità di quanti, spesso buoni borghesi, non videro, né capirono. Meglio non vollero né vedere, né capire. La struttura dello spettacolo poggia su una serie di momenti separati in cui gli attori girano fra gruppi di spettatori narrando le loro tragiche storie. E’ un riferimento, perfezionato e funzionale, a quel teatro itinerante caro a Tonino Conte che ne ha fatto, lungo varie stagioni, il segno distintivo del Teatro della Tosse. Qui, tuttavia, a emergere è la capacità dell’autrice e regista a piegare la materia drammatica sino a farne grumo straziante di dolore e vergogna. Da non perdere.