Les Halles a Schaerbeek (Bruxelles) è un esempio riuscito di riabilitazione di un antico edificio a uso commerciale in centro culturale; a metà del XIX secolo, infatti, la struttura ospitava uno dei tanti mercati coperti presenti all’epoca in città. Distrutto completamente da un incendio, è stato ricostruito identico alla struttura originaria all’inizio del ‘900, ma solo negli anni settanta è nata l’idea di una restauro dell’edificio in funzione culturale. Oggi ospita uno spazio per le arti sceniche, ma si propone anche come aria di dibattito sull’arte e sulla letteratura, nonché come punto d’incontro.
Tra le discipline dello spettacolo la danza occupa una posizione privilegiata e ha aperto la stagione artistica 2012/2013. Clear Tears / Troubled Waters (Lacrime cancellate /Acque turbate) è il titolo della nuova creazione del coreografo belga Thierry Smits. Dopo gli studi di danza classica e contemporanea a Bruxelles e Parigi e una breve carriera da danzatore, Smits si è dedicato presto alla coreografia, con risultati che gli hanno permesso di acquisire fama internazionale e di ricevere svariati riconoscimenti. Il coreografo ha fondato nel 1990 la Compagnia Thor, che ha realizzato più di venti spettacoli e svariate tournée, anche fuori dal Belgio. Le sue creazioni oscillano tra danza e drammaturgia, tecnica e creatività. Questa tensione è presente anche nel nuovo spettacolo in cui, in generale, ha una particolare rilevanza il concetto di dualità. Sul palco ci sono sette danzatori, tre musicisti e pochi elementi scenografici. Sulla scena viene rappresentata la crisi: il continuo mutamento del mondo odierno comporta una perdita di punti di riferimento e un conseguente avvicinamento al caos. Chi è destinato a sparire si abbandona a un senso di malinconia, che suscita sentimenti contrapposti di tristezza e dolcezza, disperazione e lucidità. Nella parte iniziale dello spettacolo, i danzatori si esibiscono in assoli o passi a due, in cui prende il sopravvento una gestualità lenta e sofferta, accompagnata da spasmi e respiri affannosi, nonché da una musica minimalista. Lo spettatore è invitato a condividere quest’angoscia esistenziale, che però ha un’inaspettata evoluzione in senso positivo. A poco a poco, infatti, gli assoli e i passi a due evolvono in danza di gruppo, la musica si distende e si fa più acustica, l’atmosfera diventa più leggera, come i movimenti dei danzatori. Il comune sentimento di malinconia si trasforma in speranza in nuove forme di solidarietà. Questo percorso è rappresentato anche dalle nove colonne bianche sospese a trenta centimetri dal suolo all’inizio dello spettacolo, quindi posizionate in senso minacciosamente obliquo, per poi sparire definitivamente, lasciando il palco libero agli artisti. L’iterazione fraterna tra gli individui lascia spazio all’utopia di un mondo rinnovato e migliore. L’aspetto interessante dello spettacolo è quest’evoluzione creativa, che riesce nell’intento d’infondere nello spettatore un forte senso d’inquietudine nella prima parte della rappresentazione, per poi alleviare gli animi nel finale. E’ un percorso che passa attraverso elementi che vanno oltre la danza, in senso stretto, ma che nella danza e nella carica gestuale del corpo trovano la propria realizzazione.
(Le foto che accompagnao il testo sono di Fabienne Louis)
