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Aquiloni

Cast, Crew, Infos - Teatro

Titolo originale
Aquiloni
Autore
Paolo Poli, liberamente ispirato a Giovanni Pascoli
Interpreti
Paolo Poli, Fabrizio Casagrande, Daniele Corsetti, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco.
Scene
Emanuele Luzzati
Musica
Jacqueline Perrotin
Compagnia
Produzioni Teatrali Paolo Poli

Paolo Poli non ha certo bisogno di presentazioni. Fiorentino, classe 1929, ha attraversato il secondo dopoguerra italiano con spettacoli dai toni comici e surreali, sempre anticonformisti e scorretti, caratterizzati da una matrice profondamente letteraria (Palazzeschi, Parise e Gozzano tra i tanti, non tralasciando Anna Maria Ortese) e da strutture a numero tipiche del teatro di rivista. Con Aquiloni propone una sorta di viaggio, sarebbe forse più corretto dire passeggiata, nella poesia di Giovanni Pascoli (1855 – 1912).

Il senso è intuibile già dal titolo: l’aquilone, gioco d’infanzia di un’Italia perduta, diventa qui l’allegoria vaga di una scrittura poetica inafferrabile e aerea, capace di ricreare le mille suggestioni di un paese rurale non ancora devastato dalle brutture della guerra. L’attore e regista, fautore di un teatro dichiaratamente anacronistico nei modi e nei tempi scenici, si immerge nell’immaginario pascoliano, costruendo due atti dal ritmo fluido (o monocorde, a seconda della sensibilità della spettatore) nei quali la recita integrale dei componimenti  tratti dalle varie raccolte del poeta si alternano a siparietti sottilmente kitsch, con l’attore spesso en travesti intento a cantare (in playback) un campionario di canzonette retrò che spaziano da Guantanamera a Tripoli, bel suol d’amore, mentre intorno a lui si muovono quattro attori danzanti e declamanti dai volti incipriati. Il filo che tiene insieme il tutto è esilissimo, quasi inesistente: si ha spesso la sensazione di assistere ad un recital mascherato da vaudeville colto, una specie di ammiccante cabaret senile interamente basato su equilibrismi verbali sfiancanti (due ore di poesia recitata a perdifiato, tra un vuoto di memoria e uno sghignazzo), in cui la parola di Pascoli viene liberata e rovesciata sul pubblico senza argini o mediazioni – non essendoci una struttura narrativa portante a definirne l’andamento  – per poi essere abbassata con precisione sistematica dal controcanto di musiche del tempo andato, giocosamente riarrangiate all’organetto e utilizzate non tanto per contestualizzare le singole poesie quanto per colorare i vari quadri. Chiuso tra i paesaggi di campagna disegnati da Emanuele Luzzati, lo spettacolo si rivela così un divertissement spensierato ed evanescente come l’istrionismo del suo stoico creatore, amatissimo da un pubblico – giustamente – disposto a perdonargli le esitazioni del corpo acciaccato e l’affievolirsi di un’ispirazione che sembra aver lasciato definitivamente il campo ad un’autoironia ben poco compiaciuta, ripiegata sì sul passato, ma senza troppi piagnistei nostalgici. Teatro causticamente proustiano, insomma: un ossimoro che è tutto un programma.

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opinioni autore

 
Aquiloni 2012-11-27 19:39:25 Umberto Rossi
Giudizio complessivo 
 
6.0
Opinione inserita da Umberto Rossi    27 Novembre, 2012
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