A Roma, nel 1758, fu presentata per la prima volta Le donne di buon umore, una commedia che Carlo Goldoni (1707 – 1793) aveva tratto da un testo in dialetto veneziano scritto qualche mese prima e intitolato Le morbinose. Lo stesso autore nota: Le Morbinose è una certa espressione del nostro Paese, che comunemente non può essere intesa. Morbino da noi significa allegria, giocondità sollazzevole. Questa Commedia fu da me tradotta in Toscano, in prosa, e la feci in Roma rappresentare, e fu da me intitolata in tale occasione: Le Donne di buon umore.
La compagnia teatrale Palco Giochi ha affidato a Fabrizio Giacomazzi una nuova edizione di questo testo puntando su alcuni elementi di sicuro interesse: una scenografia agile ed efficace, una recitazione convinta e l’impostazione di un felice ritmo narrativo. La storia di un paio di giovani burlone e snob che giocano una serie di birbonate a un nobile venuto da fuori città e a un’attempata zitella in vena di smanie erotiche, è contornata da arredi scenici di buona fattura fra cui s’impongono alcuni schermi bianchi utilizzati come scenari da teatro delle ombre. E’ una scelta intelligente che rimanda, seppur alla lontana, a Venezia quale cerniera fra Oriente e Occidente. La recitazione dei molti attori della compagnia – una dozzina – appare di buon livello e d’impostazione notevolmente professionale. L’unica cosa che convince meno è il taglio complessivo della lettura registica che trascura ogni possibilità di sistemazione storica o culturale dell’opera e del suo autore, in favore di una proposta incardinata su battute e scene comiche. In questo modo si perde in parte il senso di un drammaturgo che, oltre ad essere il maggior innovatore della scena dell’epoca, è anche un attento testimone delle trasformazioni sociali di un mondo che sta scivolando dal dominio della nobiltà a quello dei ceti mercantili. Lo stesso teatrante sperimenterà sulla sua pelle la grandezza e le contraddizioni dell’imminente Rivoluzione Francese, un moto che segna il passaggio da un’epoca a un’altra.