Marco Paolini è il maggiore rappresentante del teatro monologo, quella forma di spettacolo basata su un solo interprete, a volte accompagnato da musicisti. Rispetto a altri suoi colleghi che si limitano a ripetere figure, spesso di origine televisiva, già note, quest’autore e attore muove da fatti di cronaca o da episodi e personaggi storici per comunicare emozioni e ragionamenti. Così è stato sin dal lontano 1993 con lo spettacolo sulla tragedia del Vajont (Il racconto del Vajont 1956/ 9 ottobre 1963), che segna una sorta di svolta in un lavoro attoriale iniziato negli anni settanta col Teatro degli Stracci, proseguito con Studio 900 di Treviso, Tag Teatro di Mestre e Laboratorio Teatro Settimo.
La sua proposta più recente s’identifica in una collana di album (Il Sergente - 2004, Miserabili - Io e Margaret Thatcher - 2006, La macchina del capo - 2009) trasmessi anche in televisione. Itis Galileo (dove Itis sta per Istituto Tecnico Industriale Statale) ripercorre la vita del grande scienziato pisano (1564 – 1642) mettendo in luce il valore del suo metodo, l’importanza delle scoperte astronomiche, ma anche le paure, gli errori politici e i compromessi a cui fu costretto. Ne emerge la figura di un intellettuale complesso e tutt’altro che mummificato in una teca di museo. Marco Paolini riesce a dare spessore e sistemazione storica a una figura che troppo spesso è confinata nell’agiografia: l’osservazione del pendolo nel duomo di Pisa, il successo del cannocchiale presso il dogato veneto. E’ una proposta che restituisce a questo grande scienziato - contemporaneo di William Shakespeare, Giordano Bruno e Tommaso Campanella – il ruolo di fondatore della scienza moderna. Quella stessa che procede mettendo in discussione certezze pietrificate da secoli.