L’inglese Harold Pinter (1930 – 2008), premio Nobel per la letteratura 2005, è stato uno dei più importanti drammaturghi contemporanei. Tradimenti (Betrayal, 1978), è l una delle sue commedie della memoria e lo stesso autore firmò la sceneggiatura stesa per il film omonimo diretto da David Hugh Jones nel 1983, interpreti: Patricia Hodge, Jeremy Irons, Ben Kingsley.
La storia, raccontata in nove tappe che procedono all’inverso dal 1977 al 1968, ha tratti autobiografici, in particolare riecheggia la relazione clandestina che legò per molti anni il drammaturgo alla presentatrice televisiva della BBC Joan Bakewell. E’ il ritratto di un triangolo formato dalla direttrice di una galleria d’arte, il marito editore e un noto agente letterario. Tutti tradiscono tutti, sicuri che gli altri siano all’oscuro delle loro tresche. Ne nasce il quadro inquietante di un milieu sociale ricco e angosciato, apparentemente sicuro, in realtà travagliato da paure e dubbi. Come dire che è un testo in cui i sottintesi valgono più di ciò che si dice e, in questo, il naufragio dell’edizione proposta da Andrea Renzi, con l’interpretazione di Nicoletta Braschi, Enrico Ianniello e Tony Laudadio, è pressoché totale. Se i due attori riescono a cogliere qualche sfumatura degli umori profondi che serpeggiano nel copione, uno di quelli in cui l’autore più risente dell’influenza di Samuel Beckett, l’attrice appare catapultata sul palcoscenico senza alcuna consapevolezza della materia di cui è intriso il suo personaggio. Questa latitanza condanna l’intera proposta sia sul piano della tensione, sia su quello del racconto. Si ha l’impressione di assistere a una rappresentazione in cui ciascuno va per la sua strada, spesso utilizzando stereotipi fastidiosi e inutili, senza una vera idea di lettura. E’ un peccato per un testo fra i maggiori della drammaturgia del secolo scorso.