Al dutåur di måt da Il medico dei pazzi di Eduardo Scarpetta Hot

 

Non è possibile limitare la valutazione di Al dutåur di måt da Il medico dei pazzi di Eduardo Scarpetta a un discorso di semplice rappresentazione teatrale. Lo spettacolo, infatti, nasce dal lavoro che Nanni Garella, qui in veste di regista e attore, sta sviluppando assieme all’associazione Arte e Salute su temi legati alla malattia mentale. Due attori professionisti, Marina Pitta e Vito (Stefano Bicocchi, 1957), affiancano un gruppo pazienti psichiatrici nella versione in bolognese del famoso testo di Eduardo Scarpetta (1853 – 1925), padre naturale e maestro dei tre De Filippo.In casi come questo il valore medico e sociale della proposta fa largamente premio su quello espressivo. Che senso ha, ad esempio, giudicare regia e interpretazione in una rappresentazione il cui scopo principale è quello di aiutare i pazienti a uscire dai loro problemi? Non è la prima volta che teatro e cure mentali vanno a braccetto, si pensi, ad esempio, al lavoro di Pippo Debono. In questo caso, tuttavia l’impressione è che il fatto terapeutico faccia premio su quello teatrale, con una versione di non facile comprensione per spettatori che non conoscono quel dialetto. Inoltre, lo scarto fra gli attori professionisti e gli altri è talmente marcato da incidere pesantemente sul bilancio dell’operazione da un punto di vista esclusivamente teatrale. La vicenda raccontata è quella di un ricco zio che capita improvvisamente in visita a un nipote scapestrato che si è fatto mantenere in città per anni, dicendo di essere intento a studi di medicina mentre passava il tempo giocando e contraendo debiti. Per salvarsi il mariuolo per salvarsi porta il suo benefattore nella pensione in cui abita, facendogli credere che si tratta di una sua clinica e che i clienti sono pazienti affetti da problemi mentali. Come dire una farsa in cui il gioco attoriale ha un ruolo molto importante, da qui la riuscita molto parziale, da un punto di vista scenico, dell’edizione proposta.