Cenere - Racconti partigiani in attesa di un aprile è uno spettacolo bello e importante. Bello perché equilibrato fra dramma e ironia, importante politicamente perché affronta un argomento – la lotta partigiana contro nazisti e fascisti – oggi quasi del tutto trascurato, se non irriso o, peggio, disprezzato. Importante anche moralmente perché recupera la dimensione umana dei resistenti e, seppure di striscio, anche quella dei vinti.
Un giovane sta svuotando l’appartamento in cui abitava il nonno, nel centro storico di Genova. L’anziano, deceduto da poco, è stato prima staffetta poi combattente partigiano – nome di battaglia Cenere - e conservava i ricordi di quegli anni – in pratica solo un berretto indossato in montagna per ripararsi dal freddo – in un vecchio baule che non aveva mai premesso al nipote di aprire. Oggi sarà proprio grazie a quell’involucro che il ragazzo, divenuto uomo, potrà rivivere alcuni momenti della lotta. Gli spettatori ascoltano, in questo modo, il racconto di episodi cardine dello scontro militare nel genovesato. Si parte dalla vita nella Brigata Cichero, quella comandata da Aldo Gastaldi Bisagno (1921 - 1945), che ideò il famoso codice etico dei combattenti. Si passa alla presa della piazza fortificata di Castello Raggio, a Cornigliano, per merito di un solo, giovane combattente e alla resa della batteria di Oregina, non lontano dalla rotonda in cui risuonò per la prima volta Il Canto degli italiani destinato a diventare l’inno del nostro paese. Si approda, infine, la resa dei tedeschi in fuga a Uscio, poco prima che gli alleati iniziassero a bombardarla dalla vicina Cicagna. Ciascuno di questi momenti è trattato con intelligenza, restituendo anche alle fasi eroiche quella dimensione umana senza la quale si sprofonda nella retorica. Una nota a parte merita la recitazione di Marco Rinaldi, che mette a frutto la lunga esperienza comica acquisita con I soggetti smarriti trasferendola in una prestazione matura e abilmente sfaccettata.