Il drammaturgo norvegese Henrik Ibsen (1828 – 1906) è famoso sia per l’impegno politico di alcuni suoi testi - Le colonne della società (Samfundets Støtter, 1877), Un nemico del popolo (En Folkefiende, 1882) – sia per le indagini sulla psicologia, le tare, i mali profondi della borghesia. Casa di bambola (Et Dukkehjem, 1879) appartiene alle opere che inclinano all’impegno sociale, tanto che spesso si cita quale apertura di un discorso seriamente femminista.
Nora è una casalinga che il marito continua a trattare come un grazioso ornamento della sua vita, questo, anche se, alcuni anni prima, gli ha letteralmente salvato la vita falsificando la firma del padre, morto poco dopo, a garanzia di un prestito indispensabile a far trascorrere al marito un periodo di convalescenza in Italia. Ora le cose sembrano essersi aggiuntate, lui è stato nominato direttore di banca e davanti alla coppia si apre la prospettiva di un sicuro benessere. E’ a questo punto, quando tutto sembra volgere al sereno, che si scatena la tragedia: il neobanchiere vuole licenziare un impiegato di dubbia fama, che è proprio quello che ha procurato il prestito a Nora e ha in mano la ricevuta con la firma falsificata. Quando il marito sa della cosa, incurante delle ragioni per cui la moglie ha commesso il falso, la aggredisce verbalmente e insulta. A questo punto la donna vede chiaramente quale uomo ha sposato e decide di abbandonarlo. Luca Ronconi, fedele a un’idea di teatro come innovazione linguistica, mette in scena una rappresentazione che ruota su pochi arredi, fa ripetere agli attori molte battute a significare possibili, diversi approcci al tema, assegna a Mariangela Melato due parti (Nora e la sua amica Kristine) gioca sui movimenti meccanici di attori e cose. E’ una vera e propria lezione di messa inscena, ricca d’invenzioni e fantasia. Ciò che rimane intatto, invece, è il senso profondo del testo, la sua rivendicazione dei diritti della donna. Una perorazione cui la regia aggiunge, nel finale che alterna i due possibili esiti immaginati dall’autore stesso, un punto fermo in favore dell’abbandono, da parte di Nora, di un qualsiasi ruolo ancillare.