Ritorna, a un paio di stagioni dalla prima presentazione, Io quella volta lì avevo 25 anni, un testo di Giorgio Gaber (nome d'arte di Giorgio Gaberscik, 1939 – 2003) e Sandro Luporini (1930) rimasto inedito sino a quel momento. Giorgio Gallione ne cura la regia e Claudio Bisio lo recita recitato con la insolita passione e brio. Sono sei storie, che vanno dagli anni quaranta ai primi del 2000, tutte centrate su un personaggio che, nelle varie epoche, dichiara sempre di avere 25 ani, vale a dire di incarnare lo spirito e la condizione dei giovani che si affacciano alla vita in qual momento. Sono situazioni storicamente importanti: la caduta del fascismo e la nascita della resistenza, le prime avvisaglie di benessere nel dopoguerra, la modernizzazione e l’americanizzazione dei comportamenti, la contestazione e l’ombra minacciosa del terrorismo, le delusioni dei primi anni del nuovo millennio.
Sono momenti che il protagonista vive badando più ai riflessi psicologici e ai dati comportamentali profondi che non agli elementi storici o politici. In poche parole è un approccio assai vicino a uno degli slogan del sessantotto, quello secondo cui il privato è politico. Ne emerge una parabola che, dai sogni di riscatto, approda alla malinconia per ciò che avrebbe potuto (dovuto?) essere e non è stato. Un testo toccante e ironico che il regista accompagna con una serie d’immagini, proiettate alle spalle del narratore, in cui il taglio fotografico si piega a un’ottica surreale, perfettamente sincronica a quanto si viene dicendo. Altrettanto funzionale è l’accompagnamento al piano che contrappunta e dialoga con il dire dell’attore, diventando una sorta di secondo personaggio in scena. Una proposta di grande classe e ampio spessore.