Moni Ovadia si batte da tempo contro il razzismo e le discriminazioni etniche. Partito dagli orrori subiti dagli ebrei è presto arrivato ad associare a questo popolo quello di Rom e Sinti che, forse, hanno subito persecuzioni ancor più feroci e lontane nel tempo di quelle inflitte al popolo di Dio. Senza confini – Ebrei e zingari è il provvisorio punto d’arrivo di queste denunce ed è, prima ancora che uno spettacolo teatrale, un concerto in cui primeggiano la musica zigana e quella ebrea, assunte come alcune fra le fonti da cui sgorgano numerosi filoni, dalla classica a forme espressive che, erroneamente, sono considerare tipiche di questa o quella cultura.
Un esempio lo fornisce un compositore considerato americanissimo come George Gershwin (1898 – 1937) il cui lavoro deve moltissimo alla tradizione ebraica russa (suo padre era arrivato negli Stati Uniti provenendo da San Pietroburgo). Più che uno spettacolo di prosa in senso tradizionale – gli interventi di Moni Ovadia sono molto limitati e spesso sfiorano il tono comiziesco – si tratta di un concerto ottimo e originale, in cui le sonorità musicali aggiungono molte cose alla nostra conoscenza. Una proposta utile e positiva per levare qualche ragnatela e molti pregiudizi dalla nostra mente.