Le regie di Giorgio Gallione sono sempre interessanti con un’inventiva essenziale che le rende quasi uniche. Prendete, ad esempio, trasposizione scenica di alcuni racconti dello scrittore israeliano Etgar Keret (1967), riuniti nel libro The Bus Driver Who Wanted To Be God & Other Stories (2004) trasformato, nel 2006, in una graphic novel intitolata Pizzeria Kamikaze (2006) e illustrata da Asaf Hanuka. Il teatrante di punta della Compagnia dell’Archivolto si è rifatto ad alcuni dei momenti più fantastici e ironici che compaiono sulla pagina scritta per costruire uno spettacolo che intreccia, armoniosamente, recitazione e danza, ironia e malinconia. In uno spazio fuori dal tempo, chiamato Pizzeria Kamikaze si vengono a trovare le anime dei suicidi che si sono tolti la vita nei modi più diversi.
E’ qui che, quasi come in un’ideale collana di ricordi, si dipanano alcune storie che vanno dalla colla tenace che salda indissolubilmente quelli che ne vengono in contatto, al tubo contorto che fa sbucare nel nulla tutto quello che inghiotte, sino ai suicidi per disperazione verso il mondo in cui vivono. Il regista riplasma questo materiale mescolando recitazione e danza in un impasto dominato dal surreale che bene raccoglie lo spirito profondo che pervade la pagina scritta. Un sentire che affonda le radici nella situazione del Medio Oriente senza chiudere gli occhi davanti alla violenza e alla follia che nutre una situazione di tensione e guerra che dura da più di sessant’anni. In altre parole la regia usa fantasia e il senso poetico per costruire una collana di racconti fedeli e diversi, allo stesso tempo, da quelli ospitati dalla pagina scritta.