La compagnia veronese Babilonia Teatri è uno dei gruppi più interessanti e premiati della scena italiana. Con The End (La fine) i suoi membri hanno ottenuto l’importante Premio Ubu 2011 per le migliori novità italiana e ricerca drammaturgica. Il testo porta le firme di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani che vi compaiono anche come interpreti. La prima, in particolare, monopolizza il palcoscenico con un lungo monologo, recitato scandendo le frasi quasi si trattasse di un brano rap.
Il soggetto è la morte, un tema in pratica rimosso in una società che vive sull’apparenza, l’immagine esasperata della buona salute, l’aspetto fisico quale bandiera dell’essere. Su un palcoscenico quasi spoglio – vi compaiono solo un grande crocefisso e, verso la fine, le teste mozze e sanguinolente di un bue e di un asinello a contrastare l’immagine del classico presepio – Valeria Raimondi, fisico tutt’altro che da top model, racconta il vero aspetto della malattia terminale, urla il suo rifiuto all’accanimento terapeutico, incita al recupero della fine della vita fra le cose naturali. Non a caso, dopo tanta denuncia e svelamento, lo spettacolo si chiude con l’attrice che ritorna in scena portando in braccio un bimbo: il ciclo vitale si apre e chiude all’insegna delle leggi della natura. E’ un invito a riprendere il controllo e la consapevolezza dell’essere animali terreni destinati a un percorso ineludibile. E’ anche la denuncia delle ipocrisie legate al negare questo itinerario, immaginare la vita come un dato eterno, regolato solo dalle esigenze del consumo. Un discorso volutamente sgradevole, ma che ha il merito di sistemare le cose al loro posto. Il vecchio zio Karl direbbe: rimettere le (false) idee con i piedi per terra. Un ruolo importante e narrativamente preciso l’ha il sottofondo musicale, da Fabrizio De Andrè a The Doors.