Identità di Maria Maglietta e Marco Baliani è una collana di rapidi monologhi centrati sul tema di ciò che siano o crediamo di essere. Meglio ancora, sulla relatività dell’essere. S’inizia con un omaggio alla tragica morte del diciottenne Federico Aldrovandi, ucciso da quattro agenti di polizia che l’hanno massacrato di botte dopo averlo fermato in un parco di Ferrara, si chiude con la favola della principessa e del principe tramutato in rospo da una maga, fiaba riletta con ironia e umor nero.
In mezzo le storie immaginate o rievocate dal protagonista sulla strada che lo porta in questura per denunciare lo smarrimento della carta d’identità. Racconti d’islamici bosniaci diventati combattenti nazionalisti, di giovani immigrati che accettano di imbottirsi d’esplosivo e farsi esplodere su autobus londinesi, di donne maltrattate dai mariti, il tutto a contorno di una lunga confessione autobiografica in cui l’attore racconta – vera o falsa che sia – la sua vita e quella dei suoi genitori. E’ un esempio altissimo sia di recitazione, sia d’invenzione narrativa. Non c’è una parola o un gesto di troppo dei settantacinque minuti dello spettacolo e gli interpreti riescono a far letteralmente vedere ciò che raccontano senza quasi ricorrere ad oggetti di scena e, soprattutto, non utilizzando né scenografie né immagini proiettate. Uno spettacolo capace di mettere in discussione il concetto stesso d’identità, mostrando quanto può essere pericoloso quando è snaturato da derive nazionaliste o quanto può essere essenziale se utilizzato per costruire punti di riferimento in grado di ancorare un’intera esistenza. Davvero un’occasione da non perdere.