Acassuso è una cittadina della provincia di Buenos Aires ed è anche il titolo del dramma – commedia che Rafael Spregelburd ha dedicato alla vita in una scuola di quelle parti. Il testo, scritto nel biennio 2007 – 2009, quando il paese risentiva ancora della grave crisi apertasi nel 2001, è stato adattato all’Italia, diretto da Manuela Cherubini e presentato nel cartellone della rassegna di drammaturgia contemporanea proposta da Teatro Stabile, con il titolo Le solite ignote.
In una scuola della periferia romana un gruppo d’insegnati e una bidella che, più che al suo lavoro, si dedica a vendere vestiti avuti in stock da un parente, devono fronteggiare difficoltà enormi legate alla carenza di fondi, l’indifferenza del ministero alle loro richieste, il continuo degrado delle strutture. Un giorno la preside ha l’idea di utilizzare il miserabile fondo scolastico per comprare un promettente giocatore da una scuola di calcio per poi rivenderlo con grande profitto ad un club di serie A, utilizzando il guadagno per risolvere i problemi della scuola. La cosa si rivela assai meno facile del previsto sia per le tensioni che si creano fra le docenti, di cui va lodato l’ottimo impegno recitativo come spesso avviene in questi casi, sia perché il giocatore si ribella, obbliga le padrone a spogliarsi e fugge con i pochi denari che è riuscito a racimolare. La regia ha premuto il pedale del grottesco anche a costo di sconfinare in qualche volgarità peraltro trattenuta nel limite dell’accettabile come dimostra la sequenza finale in cui l’imposizione del giocatore alle maestre di spogliarsi nude si limita a presentarcele in biancheria intima, con un effetto anche inferiore a quello che si può vedere ogni giorno su una qualunque spiaggia. In altre parole, si ha l’impressione di una provocazione a metà, che mutila di non poco l’effetto annunciato. Ciò che rimane è il quadro di una sistema scolastico diruto e incapace di fornire vera conoscenza. Anzi, in grado di mortificare i pochi operatori che vorrebbero fare il lodo lavoro sino in fondo. Si ha l’impressione che il passaggio dalla realtà della crisi argentina al caos italiano sia avvenuto in maniera meccanica, senza valutare e mettere in luce le specificità della due situazioni e finendo col trasformare il testo in qualche cosa più simile a una commedia all’italiana che non a un dramma intriso d’ironia.