Giuliana Musso è un’attrice – narratrice fa le più importanti e innovative dalla scena italiana. Con altri teatranti, a cui s’ispira e con cui ha collaborato (Marco Paolini, Gabriele Vacis, Eugenio Allegri, Laura Curino), s’inscrive in un versante della scena in cui le storie raccontate sul palcoscenico riescono a formare una miscela che intreccia ricerca espressiva e sensibilità sociale come nel caso di Nati in casa (2001) e Tanti saluti (2008) rivolti alla denuncia dell’ipermedicalizzazione della nascita e della morte o La base (2011) dedicato alle lotte dei cittadini conto l’allargamento della base militare Dal Molin a Vivenza.
Anche La fabbrica dei preti, suo ultimo lavoro d’indagine e scrittura, segue queste linee portando sul palcoscenico le esperienze intrecciate della vita nei seminari (parte ispirata al racconto di Don Bellina) e le testimonianze di tre personaggi (un timido ex-prete, un ironico sacerdote anticlericale ed religioso poeta e operaio). I tre, ormai anziani, raccontano le loro vite in varie strutture religiose e a contatto con la vita quotidiana dei lavoratori. Ne emerge un quadro dominato da solitudine, incomprensione e scarto fra pulsioni personali e realtà gerarchica, fra imperativi teologici e realtà concentrazionaria. L’attrice e autrice utilizza la voce in modo magistrale riuscendo a dare corpo a vari personaggi, ai loro triboli e pulsioni. Ne nasce uno spettacolo di grandissima forza sociale e di raffinata concezione scenica, un esempio del far teatro ai massimi livelli. Qui il palcoscenico si salda veramente e indissolubilmente con la vita, mentre il ricordo del passato diventa monito e dato fondativo del presente. E’ un esempio di come impegno e innovazione possano e debbano marciare assieme se si vogliono raggiungere i più gradi di comunicazione e d’emozione.