Markus Rotkowičs, noto come Mark Rothko (1903 – 1970) è stato un pittore americano che s’iscrive fra i fondatori al movimento detto espressionista astratto. Di origine lituana, arrivò negli Stati Uniti con la famiglia quando aveva solo dieci anni. Il suo percorso artistico approdò a grandi quadri in cui dominavano pochi colori e nessuna forma chiaramente riferibile a oggetti o persone.
Nel 1958, quando era ancora poco noto, l’architetto Ludwig Mies van der Rohe (1886 – 1969) gli commissionò una serie di murales per il ristorante Four Seasons nel Seagram Building di New York. Il pittore lavorò ad alcune grandi tele per oltre un anno, tuttavia, dopo essere andato a cena con la moglie nel ristorante in cui i quadri avrebbero dovuto essere collocati, rinunciò all’incarico e restituì le somme che aveva ricevuto. Lo sceneggiatore, produttore e drammaturgo John David Logan ha dedicato ai triboli di quest’artista Rosso (Red), un testo andato in scena per la prima volta a Londra nel 2009. Il palcoscenico è occupato da due soli attori, il pittore e un suo giovane allievo – assistente, che dialogano sull’arte, la letteratura, i rapporti fra il presente e il passato. Uno spazio decisamente ampio e riservato anche alle relazioni che legano arte e società, commercio e creazione. Il tutto segnato dalla rabbia e dalla disperazione dell’artista che morì suicida una decina d’anni dopo. E’ un testo che rientra appieno in quello che convenzionalmente è definito teatro di parola dove i dialoghi hanno un peso maggiore degli avvenimenti. Un’operazione non facile da gestire e a cui danno un contributo fondamentale Ferdinando Bruni e Alejandro Bruni Ocaña che trasformano un dialogo fra intellettuali in una contesa aspra ed emozionante.