Non è detto che la strada del comico sia la meno impervia, specie se si richiamano questioni sociali ancora in parte irrisolte. Lo dimostra Fiona Dovo con il suo monologo Per colpa di Nevio, un testo piuttosto curioso, a metà strada tra il teatro di narrazione e la stand-up comedy, vagamente ispirato ad uno spettacolo autobiografico della attrice-autrice britannica Claire Dowie e interamente incentrato sulle vicissitudini quotidiane di una trentenne gay nell'Italia di oggi. Lorenza – questo il nome della protagonista - è infatti una donna come tante che divide il suo tempo tra il lavoro in un supermercato e le inevitabili malinconie di una single in cerca d'amore. E’ lesbica e basta proprio questo piccolo particolare a rendere la sua storia, se non più interessante, di certo più tribolata e complessa. La conosciamo all'inizio adolescente e sufficientemente aggressiva per azzuffarsi con i maschi e perdutamente innamorata di una compagna con cui passa il tempo chiusa nei ripostigli di una scuola di suore a scambiarsi baci e carezze proibite.
E la vediamo rapidamente evolvere, da ragazzina costretta dal contesto socio-familiare a dissimulare la propria sessualità a donna determinata, intenta a dimostrare con i fatti che, sì, anche le femmine hanno le palle. Un giorno, però, il groviglio di cocciutaggine e insicurezza in cui si è faticosamente definita la sua personalità è turbato dall'incontro con il suo primo amore, diventato nel frattempo una madre di famiglia, una perfetta mogliettina etero (del tanto vituperato Nevio del titolo, naturalmente). L'impatto con il fantasma del passato provoca la crisi, che la porterà casualmente ad una notte di sesso con un ragazzo omosessuale, il quale, nel marasma e nell'imbarazzo di una situazione inedita per entrambi, la metterà incinta, sconvolgendole definitivamente la vita. In sintesi il testo è tutto qui: una catena di paradossi e situazioni tragicomiche, un racconto tendente alla demistificazione sarcastica di stereotipi e pregiudizi, un insieme complessivamente ben dosato di spensieratezza e carica emotiva che ha nella comicità il tramite naturale per portare lo spettatore a contatto con realtà e personaggi ben poco diversi, nonostante le apparenze o le prevedibili etichette. Con il collante dell'ironia, e facendo abbondante affidamento sulle proprie doti di commediante scafata, l’attrice costruisce, battuta dopo battuta, un monologo di buon ritmo, capace di passare con disinvoltura dalla rievocazione delicata di sentimenti lontani nel tempo (l'adolescenza di Lorenza) al caos controllato del presente (i mini-sketch nel supermercato), e dalle poesie di Emily Dickinson trascritte su vecchi diari alle peripezie di una donna imbranata e vitale, alle prese infine con una maternità tanto imprevista quanto provvidenziale. Risate, dunque, e, considerato il soggetto, un'apprezzabile assenza di retorica e intenti edificanti.
