Massimo Ivaldo è uno di quegli artisti che riescono a conciliare il lavoro indispensabile a sostentamento economico con una straordinaria vena espressiva. Meglio, a fare della propria esperienza professionale materia fondamentale per la creazione. Il miglior esempio di questa prassi lo offre Parlami d’amore Maria (che le storie d’amore non invecchino mai ) in cui riduce a monologo buona parte dell’esperienza accumulata in anni di animazione per le anziane ricoverate nell’Istituto Doria.
A queste figure si aggiunge quella di sua nonna, una persona che ha inciso profondamente sulla sua cultura e sul suo diventare adulto. Lo spettacolo che ne deriva ha molte stagioni alle spalle, ma conserva inalterate forza ed emozione. Questa carrellata di degenti giunte al tramonto della vita è reso vivo e partecipato da una scrittura e una recitazione che impastano in modo mirabile ironia e pietà, sguardo distaccato e partecipazione umanissima. Leggendo la presentazione – proposta dello spettacolo, si potrebbe pensare a una sorta di raccolta di scenette ironiche o, al contrario, a un esercizio di cinismo comico. Nulla di più errato, l’autore – attore riesce a coniugare sorriso e mestizia, costruendo una materia viva, partecipata, densa di dolore e lucidità. Come accade raramente in teatro si ride e, nello stesso tempo, si è colpiti da un groppo alla gola che ci trasporta nei panni, nel sudore e nel sangue di quegli esseri umani che rifiutano strenuamente di abbandonarsi alla deriva del tempo, ma vogliono conservare sino all’ultimo la loro dignità indipendentemente da età, ceto economico, sesso. Davvero una grande lezione di teatro.