Eric-Emmanuel Schmitt è uno scrittore e drammaturgo francese di ottima fama. A lui si deve Piccoli crimini coniugali (Petits crimes conjugaux, 2003), un agile testo di una cinquantina di minuti in cui due coniugi non più giovani si dilaniano senza riuscire a separarsi, si scontrano avvolti da un pesante manto di menzogne che soffoca la loro vita facendola sembrare felice e serena, laddove è segnata da incrostazioni, abitudini e terrore del cambiamento.
Tutto avviene dopo il ritorno a casa dall’ospedale del marito che, vittima di un incidente domestico (è caduto dalla breve scala che congiunge i due vani della casa), ha perduto la memoria e non riconosce neppure la moglie. In breve si svelerà ciò che lo spettatore accorto ha intuito sin dall’inizio: la memoria e tutt’altro che svanita, invece dell’incidente c’è stato un tentativo d’omicidio. Tutto questo per far emergere le contraddizioni e la polvere nascosta sotto i tappeti dopo anni di vita in comune. L’autore ha una particolare predilezione per i testi centrati sulle psicologie dei personaggi come dimostra un altro suo copione, Il visitatore (Le visiteur, 1993), che aveva come protagonista addirittura Sigmund Freud (1856 – 1939) ove il fondatore della psicanalisi moderna riceveva, pochi mesi prima di partire per l’esilio londinese, un misterioso visitatore con cui discuteva del passato e dell’incombente futuro. Il testo oggi proposto da Alessandro Maggi ha già avuto altre versioni presentate sui palcoscenici genovesi, ricordiamo quella della stagione 2005 - 2006 per la regia di Sergio Fantoni e l’interpretazione di Andrea Jonasson e Massimo Venturiello e quella della stagione 2007 – 2008 diretta da Daniele Stoppani e interpretata da Mirella Maselli e Fabrizio Levrero. La versione ora proposta non regge al confronto con le precedenti e questo per almeno due motivi. Il primo è riconducibile alla piattezza di una regia in cui si stenta a individuare una precisa chiave di lettura del testo. La seconda, molto più grave, per il livello della recitazione. Elena Giusti appare più preoccupata del suo aspetto di donna matura ma ancora piacente che non delle turbe che attraversano la mente di una moglie insoddisfatta. Per quanto riguarda Paolo Valerio si resta interdetti davanti alla sua inadeguatezza a dare un minimo di spessore a un personaggio che si vorrebbe complesso e contradditorio. Da dimenticare.