Il cinema cinese sta affrontando molti elementi che prima appartenevano prevalentemente, se non esclusivamente, a quello occidentale. E’ il caso del noir, variazione del poliziesco caratterizzata da storie cupe e personaggi disperati. Fuochi d’artificio in pieno giorno dell’attore, sceneggiatore e regista Yi'nan Diao (1969) appartiene a questo genere cinematografico, nuovo per i cineasti cinesi.
Il film racconta, divisa in due parti, ambientate rispettivamente nel 1999 e nel 2004, la storia dell’ispettore di polizia Zhang Zili impegnato nella caccia ad un feroce omicida che ha ucciso un uomo e ne ha disseminato i resti nelle fabbriche attive in un’area di ben cinquanta chilometri. Inoltre, all’inizio, non riesce a riprendersi sia da un divorzio che non accetta, arrivando sino ad aggredire sessualmente la sua ex, sia dall’aver visto morire in un conflitto a fuoco due suoi colleghi ed averne ammazzato gli assassini. Cinque anni dopo lo ritroviamo che ha abbandonato la polizia, lavora come guardia di sicurezza e si è dato all’alcol. Un giorno incontra alcuni ex- colleghi che stanno indagando su un delitto che ha molte caratteristiche in comune con quello a cui lavorava lui. Si accoda e incontra una giovane vedova che, alla fine, risulterà l’assassina di quel lontano omicidio. Al regista interessa assai poco la soluzione del caso, quelle che gli stanno a cuore sono le psicologie dei personaggi, il loro naufragare in esistenze prive di prospettive e massacrate dalla sorte. In questo il film si afferma come opera di spessore e intelligenza, tanto da giustificare in pieno i riconoscimenti ottenuti al Festival di Berlino (Orso d’Oro e migliore interpretazione maschile), all’ Asian Film Awards, al Festival di Pechino e a quello di Odessa.