Sono molte le citazioni e i richiami rintracciabili in London Boulevard, opera prima come regista dello scrittore americano e sceneggiatore premio oscar (The Departed, 2006, regia di Martin Scorsese) William Monahan che ha tratto ispirazione dal racconto omonimo, pubblicato nel 2001, dello scrittore Ken Bruen. Ci sono riferimenti, sin dal titolo, a uno dei grandi classici del cinema americano: Viale del tramonto (Sunset Boulevard, 1950) di Billy Wilder, ci sono gli ammiccamenti al cinema della nouvelle vogue, a iniziare dal Jean-Luc Godard (1930) di Fino all'ultimo respiro (À bout de soufflé, 1960), e quelli a un film cult come Carlito's Way (1993) di Brian De Palma. Ciò che cambia radicalmente è l’ambientazione, spostata nella Londra dei nostri giorni.
Mitchell è appena uscito dalla galera dopo aver scontato tre anni per aggressione aggravata e vuole trovarsi un lavoro onesto che lo metta al riparo da pericolose ricadute. Lo trova nel fare la guardia del corpo a una giovane attrice che, al vertice del successo e lasciata in pratica sola dal ricchissimo marito andato a vivere all’estero, è caduta preda di una nevrosi profonda che le impedisce i contatti con gli altri e il proseguimento del lavoro. Ovvio che fra i due nasca una passione destinata a fallire per colpa di un boss locale che si è messo in testa di riportare al suo servizio l’ex – detenuto. Nel finale c'è il prevedibile profluvio di sangue, revolverate e morte del protagonista. Il film è costruito molto bene, l’interpretazione di Colin Farrell, Keira Knightley e David Thewlis è straordinariamente professionale e adeguata alla complessità dei personaggi, ma ciò che manca al film nel complesso è quel pizzico di vera originalità capace di sollevare a livello di opera autonoma un intelligente insieme di dotte citazioni.