Killer Joe di William Friedkin (1939) porta la firma di uno dei maestri del cinema hollywoodiano. E’ un testo tratto dal copione teatrale omonimo scritto da Tracy Letts (1965) nel 1993. Un’origine drammaturgica che pesa sullo sviluppo del racconto, le cui scene chiave sono spesso realizzate in luoghi chiusi e devono più ai dialoghi che alle azioni. La vicenda ruota attorno a tre sgangherati texani che assoldano, senza averne le disponibilità, un poliziotto killer con l’incarico di assassinare una vecchia alcolizzata, ex-moglie di uno e madre dell’altro, per incassarne l’assicurazione.
Solo che, da pasticcio in pasticcio, le cose vanno a rotoli, anche grazie al doppio gioco della donna che forma il terzo lato del triangolo – l’attuale moglie di uno dei due, che tresca con l’attuale amante della donna da uccidere. Una trama basata su personaggi e situazioni che sarebbe difficile costruire in modo più degradato, ma che contribuisce assai bene a mettere assieme una storia avvincente e a fornire un quadro impietoso di quell’altra faccia degli Stati Uniti che si cela dietro lo sfavillio dei grattacieli. E’ un film dalla costruzione classica e dalla struttura robusta che non fa rimpiangere il prezzo del biglietto.