Il Sud Africa non è certo tra i più noti realizzatori di cinema d’animazione, per questo incuriosisce questa produzione in cui sono stati investiti solo 20 milioni di dollari ma che poco ha da invidiare ai titoli realizzati dalle major statunitensi. Zambezia è pensato per un pubblico familiare, ma la qualità premia anche chi sa apprezzare qualche idea in più, una certa attenzione nella creazione dei personaggi che si imprimono nella mente, una sceneggiatura molto ricca di piccole/grandi trovate.
Opera prima del trentatreenne attore Wayne Thornley con poche esperienze registiche nel live action, alcuni spot pubblicitari e tre anni nell’animazione per la televisione maturata anche negli Usa, ha preso al volo questa grande occasione dimostrando come è importante il lavoro di equipe che unisce le varie professionalità in un progetto a cui tutti credono per ottenre risultati più che buoni. Come era accaduto in Rio (Rio, 2011) del brasiliano Carlos Saldanha in cui la vera anima del suo paese appariva in maniera perfetta, anche qui i sudafricani sono riusciti a raccontare una storia in cui le immagini non sono epidermiche ma raccontano un mondo, la grande natura conoscendola e amandola. Il risultato finale è così più sentito, coinvolgente, bello. Protagonista un giovane falco orfano della madre che è desideroso di cimentarsi fuori nel mondo da cui il genitore lo vuole preservare relegandolo in una tranquilla vallata. Tutto proseguirebbe senza grandi emozioni se una cicogna, per difendere dai marabù le uova che sta trasportando, non ottenesse il suo aiuto e l’ospitalità per una notte. Così scopre che esiste la città degli uccelli, Zambezia, in cui tutti i volatili hanno gli stessi diritti e vivono felici. Decide di scappare per raggiungerla. Il mondo qui sembra felice ma una terribile lucertola gigante, aiutata proprio dai marabù, rischia di trasformare questo Eden in un inferno. Per cercarlo, il padre viene fatto prigioniero dai cattivi, ma proprio il suo bimbo lo libererà. Dopo il discreto risultato commerciale ed artistico del film, gli stessi produttori hanno messo in cantiere un altro film molto africano, Khumba (Kumba, 2013), in cui una zebra assieme al suo branco cerca di raggiungere, per la siccità, un lago magico da dove nascono anche le loro strisce. A dirigerlo un altro debuttante, Anthony Silverston, ma con lo stesso cast tecnico e la stessa casa di produzione, la Trigger Fish Studios che ha in scaletta altri tre titoli entro il 2015.