Il settantacinquenne Volker Schlöndorff è il più francese fra i registi tedeschi, e questo film, che racconta un fatto storico, lo ha visto perfettamente calato in una realtà difficile da raccontare senza rischiare di trasformare i cattivi in buoni e viceversa. Questo cineasta si è trasferito giovanissimo a Parigi dove è stato accolto nel microcosmo della nouvelle vague diventando assistente di Louis Malle, Jean-Pierre Melville e Alain Resnais.
Rientrato in Germania, esordì alla regia ventiseienne con I turbamenti del giovane Törless (Der junge Törless, 1964), traslazione cinematografica del romanzo di Robert Musil, dove trattò con grandissima bravura il conflitto tra la vecchia società autoritaria e la nuova generazione bisognosa di cambiamenti. Da quel momento la sua è stata una carriera artistica ricca quasi sempre di ottimi titoli. Diplomacy - Una notte per salvare Parigi è tratto dalla pièce di Cyril Gély, qui presente anche come co – sceneggiatore, e utilizza gli stessi interpreti della messa in scena teatrale, i bravissimi André Dussolier e Niels Arestrup, per raccontare una notte diversa dalle altre in cui per la follia di Hitler Parigi poteva essere rasa al suolo uccidendo decina di migliaia di persone (secondo alcuni studiosi oltre centomila). Tutto si svolge all’interno della lussuosa suite dell’hotel parigino dove ha stabilito il suo comando l’aristocratico generale prussiano Dietrich Von Choltitz, arrivato nella Capitale da quindici giorni per mettere ordine e, quando la disfatta è ormai una certezza, per distruggerla minando centinaia di palazzi, ponti, monumenti e creare una piena della Senna che avrebbe sommerso gran parte della città. Il militare obbedisce sempre anche se ha molti dubbi, accentuati dall’arrivo del Console di Svezia, passato da una scala segreta che immette direttamente nell’appartamento. E’ un gioco di dialettica, uno scontro tra due persone di cultura che i casi della vita hanno posto in posizioni antitetiche. Si scontrano la paura del militare di far subire rappresaglie alla famiglia e la coscienza del diplomatico che un gesto così feroce avrebbe ucciso troppi innocenti. La tensione è sempre presente, il ritmo narrativo travalica quello teatrale per divenire ottimo materiale per un film che inchioda alla poltrona per tutta la sua durata. La sceneggiatura ha cambiato alcuni punti, ha reso forse troppo umano il generale e troppo eroico il Console, ma sono peccati veniali di fronte ad un’opera sicuramente da vedere e gustare.