Nel luglio del 1982 André Bamberski, francese d’origine polacca, venne a sapere che sua figlia Kalinka era morta improvvisamente. La quattordicenne stava passando le vacanze a Lindau, in Germania, con la madre e il patrigno, un medico tedesco. L’inchiesta che seguì al decesso, condotta dalla autorità locali, fu rapida e superficiale. L’autopsia portò ad un esito problematico che le autorità tedesche e la madre tentano con ogni mezzo di non far conoscere al genitore della morta.
Ne nacque il sospetto, in seguito confermato da varie evidenze, che la giovane fosse stata assassinata dal patrigno che le aveva iniettato una dose eccessiva di anestetizzante per stuprarla. Su queste basi iniziò una battaglia legale condotta dal genitore e da una avvocato particolarmente cocciuto per convincere le autorità dei due paesi, restie a mettere mano a una questione che poteva rivelarsi esplosiva, a riaprire il caso. L’occasione si presentò nel 1997 quando l’ex – patrigno confessò di aver drogato al fine di stupro una sua paziente di sedici anni. Tuttavia neppure questo nuovo fatto indusse le autorità germaniche ad applicare l’estradizione del reo che, nel 1995, era stato condannato da un tribunale francese a quindici anni di prigione proprio per l’aggressione alla giovane Kalinka. Esasperato per le lentezze e le complicità della burocrazia, André Bamberski organizzò il rapimento dell’assassino della figlia, già rimesso in libertà dai tedeschi, e lo fece portare in Francia ove, finalmente, la sentenza del 1995 poté essere eseguita. Un risultato a lungo agognato e pagato dal padre con una condanna ad un anno di prigione, sentenza sospesa, per il rapimento del medico assassino. Tutta questa Odissea è raccontata nel film In nome di mia figlia (Au nom de ma fille) del regista francese Vincent Garenq che firma un’onesta ricostruzione della lotta di questo padre al fine di rendere giustizia alla giovane assassinata. E’ un film lineare e forte, forse più degno di una programmazione televisiva che della visione in una sala pubblica, ma ha il pregio di raccontare pianamente e senza astuzie melodrammatiche il dolore di un genitore per la morte della figlia. L’interpretazione di Daniel Auteuil è oltre ogni lode.