Tomasz Wasilewski è un giovane regista polacco che al terzo (mediocre) lungometraggio ha vinto l’Orso d’Argento alla Berlinale per la migliore sceneggiatura. Per gli strani equilibri che segnano i Festival, è stato insignito di un riconoscimento che forse altri meritavano più di lui. Ama il dramma, a tratti il melodramma, e tutti i suoi titoli sono stati improntati a questo genere con poco riscontro sia di box office che di critica.
Nonostante Le donne e il desiderio abbia ottenuto quel riconoscimento, la sensazione che si ha è che abbia realmente convinto pochi. Le quattro donne protagoniste, di varie età e con percorsi di vita differenti, sono viste sullo sfondo degli anni ’90 in una Polonia che inizia a credere alla libertà e alla possibilità di cambiare, di migliorare. Corretta l’ambientazione che mette le donne all’interno di squallidi, anche se decorosi, palazzi dormitorio che tolgono ogni gioia a chi li abita: tutto anonimo, ripetuto all’infinito in tutti i palazzi uno uguale all’altro. Luoghi dove si può vivere senza conoscere i vicini, persone che si salutano ma di cui nulla sai. Questi luoghi il regista li conosceva bene – abitava in una di queste ronzanti arnie – e i suoi ricordi sono di quando aveva una decina di anni e subiva il fascino di un mondo che gli ruotava attorno ma di cui non si sentiva protagonista. Le donne si conoscono come vicine e alcune sono unite da parentela o per lavorare nello stesso posto. Il regista non vuol bene alle sue protagoniste e insiste anche un po’ troppo su loro nudi inutili, nudi che non risparmiano nemmeno la sessantenne Dorota Kolak che è scrutata dalla macchina da presa mentre è distesa su di un divano. Poco serve vedere un’altra mentre fa una lunga toilette mattutina. Si ha l’impressione che abbia inserito queste scene sperando di ottenere un buon riscontro di pubblico, ma questo non è avvenuto: in Italia, ad esempio, è presente in sole 50 sale e con incassi non strabilianti. In qualità di unico sceneggiatore e di regista, il trentaseienne autore ha la responsabilità di avere scelto di raccontare le varie storie staccate una dall’altra, come quattro cortometraggi che assieme creano il film. In questa maniera non riesce ad ottenere un amalgama che renda ogni cosa più interessante: si è spettatori di quello che accade, ma non si è mai realmente coinvolti. Sullo sfondo della Polonia negli anni ’90, la storia di quattro donne apparentemente fortunate, che vivono sommessamente i loro drammi personali. Agata è una giovane madre intrappolata in un matrimonio infelice, che cerca rifugio in una relazione impossibile con un sacerdote; Renata è un'anziana insegnante vicina alla pensione affascinata dalla vicina di casa Marzena, una solitaria ex reginetta di bellezza il cui marito lavora in Germania; Iza, la sorella Marzena, è invece direttrice di una scuola ed è innamorata di un medico, padre di un'alunna della sua scuola. Finali non sempre felici.
