Moriguchi Yuko è un’insegnate liceale che ha appena subito due lutti terribili: suo marito è morto a causa dell’AIDS e la sua figlioletta è annegata nella piscina della scuola in cui lei insegna. Nessuno di questi eventi luttuosi è imputabile alle vittime, il marito è stato infettato prima del matrimonio e la bambina non è morta per un incidente, ma è stata uccisa da un alunno della scuola in cui la madre insegna. La professoressa, completamente sfiduciata sulla possibilità di ottenere giustizia tramite le vie legali, organizza una propria vendetta che finirà col travolgere il responsabile del delitto e il ragazzo che l’ha spinto a commetterlo.
Confessions porta la firma del regista giapponese Tetsuya Nakashima che ha preso spunto da un racconto di Minato Kanae per un film raffinatissimo nelle immagini, accattivante nella scansione degli eventi e da cui traspare uno dei motivi conduttori del cinema nipponico moderno: il malessere esistenziale che travaglia i giovani e ne fa dei ribelli nei confronti delle regole che governano, meglio governavano, una società molto gerarchizzata. In questo il delitto e i giovani che se ne sono resi responsabili diventa una sorta di richiesta disperata di attenzione rivolta a un mondo adulto in tutt’altre faccende affaccendato. Si veda, ad esempio, la sequenza finale con il teorico dell’omicidio che si presenta all’adunata finale dell’anno scolastico con in mano il telefonino che dovrebbe far esplodere una bomba destinata a uccidere molti suoi coetanei. Operazione vanificata proprio dalla madre della bimba assassinata, che svia l’ordigno causando la morte dell’unica persona cui il giovane teneva realmente: sua madre. Insomma, immagini perfette che rivestono un cuore nero.
