L’ottantacinquenne scrittore britannico John le Carré – di cui il cinema si è servito per buoni film quali La spia che venne dal freddo (The Spy Who Came in from the Cold, 1965) di Martin Ritt, Chiamata per il morto (The Deadly Affair, 1966) di Sidney Lumet, La talpa (Tinker Tailor Soldier Spy, 2011) di Tomas Alfredson – ha avuto trasposizioni cinematografiche anche meno interessanti in cui erano coinvolti attori del calibro di Sean Connery, Michelle Pfeifer, Pierce Brosnan e Diane Keaton.
A quest’ultima categoria appartiene Il traditore tipo diretto da Susanna White qui al secondo film dopo il debutto con la commedia Tata Matilda e il grande botto (Nanny McPhee and the Big Bang, 2010) interpretato da Emma Thompson. Il testo concretizza un approccio al thriller molto soft, con troppo spazio dedicato ai rapporti familiari dei due personaggi principali: il tranquillo professore universitario londinese e l’uomo della mafia russa, alla fine appare quale santo, che pensa unicamente al bene della sua famiglia allargata, nel senso che accudisce anche due gemelline rimaste sole dopo l’uccisione di tutta la famiglia. L’apertura di una banca russa nella capitale inglese rimane in secondo piano, come tutte le mosse fatte dal potente principe per comperare l’assenso di politici che lo aiutano a far accettare come legale il riciclaggio dei soldi della malavita. Parlamentari corrotti che partecipano a sfarzose feste in cui il servizio di sicurezza non riesce mai a bloccare le incursioni dell’imbranato professore, a dimostrazione che amore ed amicizia possono fare miracoli. Sì, perché tra l’intellettuale e l’assassino nasce una grande amicizia che coinvolge anche la moglie di colore del onest’uomo. A questo si aggiunge un responsabile del intelligence britannico con problemi familiari, e così via nel tentativo di virare tutto verso un film gradito a tutti. Ewan McGregor, Stellan Skarsgård, Damian Lewis e Naomie Harris si impegnano, ma spesso la poca credibilità di quanto raccontato li danneggia e li riduce a personaggi privi di spessore. La regia è decorosa ma non è in grado di fornire emozioni. In altre parole siamo di fronte ad un compitino bene realizzato che merita appena la sufficienza. Durante una vacanza a Marrakech una coppia inglese in crisi incontra un appariscente uomo di affari russo di cui il marito diventa amico. Il riccone si rivela essere un boss del riciclaggio di denaro della mafia russa, e gli sposi accettano di aiutarlo nel fornire informazioni confidenziali ai servizi segreti inglesi per permettergli di salvare la famiglia. Tra Parigi e Berna, le Alpi francesi e i bassifondi di Londra, la coppia vive un pericoloso viaggio che li porterà a stringere alleanza con il governo britannico e ad assistere all’ineluttabile destino del loro amico.
