Israele, 1995. Uno spiraglio di pace si è appena aperto nella decennale guerra con i palestinesi. Gli Accordi di Oslo (13 settembre 1993) fra Yitzhak Rabin (1922 – 1995) e Yasser Arafat (1929 – 2004), auspice il presidente americano Bill Clinton, hanno segnato il primo rapporto diplomatico fra i rappresentanti di Israele e l’OLP.
Il clima è quello della speranza di un periodo di convivenza pacifica fra due popoli che si sono fatti la guerra da quasi mezzo secolo. In questa situazione, destinata ad essere spazzata via dall’assassinio (4 novembre 1995) del primo ministro israeliano ucciso da Ygal Amir, un colono ebreo estremista, tre sorelle – una delle quali risiede da anni a Parigi - si ritrovano nella cittadina di Atlit, un piccolo centro costiero situato a sud di Haifa, per vendere la casa di famiglia rimasta vuota dopo la morte dei genitori. La convivenza fra le tre donne - legate da forti sentimenti, ma con obiettivi di vita molto lontani – non è facile e a renderla ancora più complessa sono i ricordi del passato comune che prendono la forma dei fantasmi dei genitori, Alla fine il dolore per la morte del primo ministro indurrà quella che era apparsa più determinata a vendere a unirsi alle altre nella decisione di conservare la proprietà dell’immobile e, forse, a rimanere in Israele. La casa delle estati lontane si chiude con un lieto fine che contrasta con le tensioni che lo precedono ed assume un tono abbastanza forzato. Questo difetto a parte, il film appare un quadro doloroso e realistico delle tensioni che attraversano quel paese e che permangono tuttora, contrapponendo coloro che vogliono vivere in pace e sicurezza a quanti, animati dall’odio verso gli arabi, vorrebbero cacciare dal paese tutti i palestinesi. E’ un testo che coniuga armoniosamente un quadro familiare non privo di tensioni ad uno sguardo politico sostanzialmente ottimistico.