Il regista franco marocchino Ron Campillo ha lavorato a lungo come sceneggiatore e montatore di Laurent Cantet. Ricordiamo almeno Risorse umane, 1998 e A tempo pieno, 2001 prima di esordire, nel 2004, con Les revenants.
Ha dedicato il suo terzo film, 120 battiti al minuto, a una vera e propria tragedia: la sottovalutazione della piaga dell’AIDS all’inizio degli anni 90 – presidente della repubblica François Mitterrand (1916 – 1996) – quando le autorità mantenevano ancora segreti i dati dell’epidemia e la consideravano un problema che riguardava solo gli omosessuali. Il film segue le iniziative di Act Up – Parigi, un movimento di denuncia che agiva per scuotere dall’indifferenza dell’opinione pubblica e rendere note le vere cifre del male. Il regista segue i lunghi incontri fra i militanti segnalando le diverse posizioni (radicali interventisti, trattativisti) il moltiplicarsi delle morti, le tragedie anche sentimentali che si sviluppano fra di loro. Sembra quasi di assistere alla proiezione di un documentario storico, con momenti francamente e volutamente disturbanti come la vestizione del cadavere del militante radicale morto con accanto il compagno che non ha voluto lasciarlo neppure per un momento. È un film di parte con i pregi di generosità e coraggio tipici di questo tipo di opera, ma anche con i difetti di un grido disperato che poco si preoccupa della forma filmica. Il film è stato presentato al Festival di Cannes e ha ottenuto il Gran Prix.