Renato De Maria, regista di un film molto discusso all’ultima Mostra di Venezia, è autore eclettico che si esprime sia attraverso fortunate serie televisive e film per il piccolo schermo quali due mediocri Maigret (2004-2005) interpretati da Sergio Castellitto e l’ottimo Doppio agguato (2003) con Luca Zingaretti. Noto soprattutto per Paz! (2002) sulla breve vita piena di eccessi del creatore di comic Andrea Pazienza, è autore interessante anche se non sempre capace di convincere.
Un tema difficile, forse al di sopra delle sue effettive capacità, è al centro della sua ultima fatica. Tratto dal libro autobiografico di Aldo Nove, ricco di immagini incredibilmente visionarie pregne del sapore del dramma, è un’opera basata su pochissimi personaggi che potrebbe tranquillamente avere anche un’edizione teatrale. Al centro del film c’è Clément Métayer, il giovanissimo attore rivelazione a Venezia di tre anni orsono col film Qualcosa nell'aria (Après Mai, 2012) di Olivier Assayas, che con il suo fido skateboard e la sua figura fragilmente adolescenziale che ci trasporta direttamente all’interno della storia cadenzata dall’amore insostituibile e assoluto per la madre perduta nel suo momento di maggiore fragilità. E’ un mondo visionario, deforme, onirico, colorato, vicino alla grafica del fumetto, poetico e spettacolare insieme. Grazie alle perfette immagini di Daniele Ciprì, come sempre autoriali e di rara bellezza, La vita oscena regge anche alcune cadute di interesse date da un alternarsi di situazioni che richiedono assoluta dedizione da parte dello spettatore per riuscire ad essere coinvolto emotivamente. Una convincente Isabella Ferrari, moglie del regista, nel breve ma intenso ruolo della madre che crede molto nel personaggio e gli dona forte intensità. Rimasto solo, per l’improvviso e tragico sgretolamento della sua famiglia, Andrea intraprende un viaggio alla ricerca della morte, ma finisce per trovare la vita. Sulle ruote del suo irrinunciabile skateboard inizia un percorso allucinato, in cui la visione dettata dall’uso di droghe si sovrappone alla realtà, deformandola a tratti in terribili incubi. In attesa di una fine che non arriva e non arriverà in quei giorni di vita esagerata, attraverserà il fuoco onirico della dissoluzione, inseguito dallo sguardo della madre, fino a trovare il senso più profondo della sua esistenza oscena ma degna di essere sempre vissuta.
