Epoca: fine degli anni ‘30. Luogo: Francia, in particolare Parigi e la Costa Azzurra. Due sorelle americane compiono un giro di spettacoli e di sedute private di spiritismo basati sui loro poteri di medium. Sono notate da un produttore cinematografico - ebreo d’origine polacca, naturalizzato francese - che propone loro di stabilirsi in casa sua con l’obiettivo di trasformarle in protagoniste di un film in cui saranno registrati anche i fenomeni paranormali a cui le due danno vita nel corso delle loro sedure.
L’operazione fallisce commercialmente e il cinematografaro è travolto dall’antisemitismo e i primi atti della Seconda Guerra mondiale con tanto di occupazione della Francia da parte dell’armata nazista. L’attrice e sceneggiatrice Rebecca Zlotowski, con Planetarium - alla terza regia dopo Grand Central (2013) e Belle épine (2010) – affronta questa storia con due obiettivi: rappresentare il clima teso e incubico degli anni che preannunciano il grande massacro e raccontare un’ossessione che conduce alla rovina chi ne è vittima. Due obiettivi ugualmente ambiziosi che il film sfiora più che rappresentare. Se l’annuncio della carneficina è presente, anche se in modo decisamente approssimativo, sin dalla prima inquadratura con il cappello militare consegnato al guardaroba della spazio in cui si esibiscono le sorelle, l’ossessione del produttore che vuole filmare i fantasmi si sfilaccia quasi subito nel tentativo di un cinematografaro di meravigliare il pubblico prima del trionfo degli effetti speciali. Questi due limiti tarpano le ali in maniera significativa alla portata metaforica inizialmente a disposizione del film e da una storia di annuncio di tragedia estraggono solo una storia sentimentale neppur troppo originale.