E’ un film non completamente riuscito, ha avuto una sofferta gestazione ed è stato distribuito con notevole ritardo dal momento in cui è finito (novembre 2015). Questa ennesima rilettura del bel romanzo di Mary Shelley (1797 – 1851) era stato annunciato per la prima volta nel 2011 dalla 20th Century Fox, con Max Landis – suo lo script del bel film di fantascienza e thriller Chronicle (2012) diretto da Josh Trank - incaricato di scrivere la sceneggiatura. A settembre del 2012 è stato indicato come regista lo scozzese Paul McGuigan mentre nel 2013 Daniel Radcliffe è stato scelto come Igor e James McAvoy quale Victor Frankenstein.
La lavorazione si è tenuta principalmente in Gran Bretagna ed è durata ben quattro mesi, terminando il 20 marzo 2014. Due montatori chiamati in momenti differenti e un flop finanziario temuto e regolarmente arrivato. Il vero protagonista è Igor, presente quasi sempre nelle immagini o tramite la sua voce narrante. Forse per evitare troppi scomodi paragoni, lo sceneggiatore ha spostato l’interesse dallo scienziato al suo assistente. Lo storpio lavora come clown in un circo dove capita il Dottor Frankenstein, proprio nel momento in cui la trapezista di cui il pagliaccio è innamorato precipita sulla pista ed è creduta morta. Grazie all’intervento sia dello studioso che dell’innamorato, la ragazza, dopo che le schiacciano violentemente lo sterno, riprende a respirare quasi normalmente. Qui inizia il film vero e proprio – tutto ciò accade prima dei titoli di testa – con Igor, il gobbo, che accetta di divenire assistente dell’uomo che non si pone limiti fra vita e morte. L’assistente è dotato di grande istinto scientifico e, nel corso del film, spesso è più che un aiuto per il suo padrone, un tipo non sempre sobrio. Lui è riconoscente a questo pazzo ricercatore perché comprimendogli – sempre in maniera molto violenta – la schiena gli elimina quella protuberanza che tanti problemi gli aveva dato. Queste le idee principali sulle quali si dipana la storia di cui, pur apprezzando la buona volontà e l’ottima messa in scena, lo spettatore difficilmente si può appassionare. Splendida la Londra vittoriana, di grande bellezza i costumi, gli effetti utilizzati per ricreare atmosfere ma anche la creatura senza nome – diremmo un vero e proprio mostro – che ha pochi minuti per interessare e dire qualcosa di sé, ma purtroppo, non ci riesce. Daniel Radcliffe sente la necessità di essere diretto da un professionista migliore del televisivo Paul McGuigan, ma non demerita più di tanto, dimostrando che potrebbe avere potenzialità interessanti, Il bravo attore scozzese James McAvoy tratteggia con professionalità la figura dello scienziato. Gli altri tutti accettabili, alcuni anche bravi. Quello che manca è coesione narrativa con un ritmo affossato da dialoghi eccessivi. Oltretutto, la regia non riesce a creare coesione tra le varie anime di questo complesso prodotto, definito horror ma che nemmeno in quell’ottica è intrigante. All’inizio ci si può anche divertire, ma dopo una trentina di minuti la magia scompare e rimane l’attesa per il finale che arriva dopo quasi due ore di emozioni scarse.