Divergent è il titolo del primo capitolo di una trilogia della scrittrice americana Veronica Roth. Il libro è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 2011 ed è uscito in Italia, per i tipi della De Agostini, l’anno dopo. Da questo volume le società di produzione Lucy Fisher, Pouya Shabazian, Douglas Wick hanno tratto un film la cui regia è stata affidata a Neil Burger.
Ne è nata una di quelle superproduzioni in cui conta più la maestria degli effetti speciali e l’abilità dei cascatori che non l’originalità del soggetto o la complessità dei temi affrontati. In un futuro non ben determinato Chicago è ridotta ad una sorta di isola circondata da alte cancellate metalliche. Questo è successo in seguito ad una guerra su cui portata, esiti e motivazioni nulla è detto. La città è suddivisa in sei fazioni: i Candidi che dicono sempre la verità e si occupano della legislazione, i Pacifici che rifiutano ogni violenza, gli Eruditi che si dedicano la vita alla cultura, gli Abneganti che sono altruisti e per questo hanno il governo della città, gli Intrepidi che proteggono la popolazione, gli Esclusi che sopravvivono miseramente al margine delle altre fazioni. Ogni giovane, una volta giunto ad una certa età e indipendentemente dalla fazione di provenienza, deve superare un esame per essere assegnato a un dei gruppi. In questo modo chi detiene il potere è convinto che sarà preservata la pace. Una ragazza, figlia di una coppia di abnegati scopre, durante il test, di essere una disconnessa, un genere ribelle per natura che i governanti aborrono e sopprimono in quanto insofferente alle regole. La fanciulla finisce, per sua scelta, nelle file degli intrepidi, percorre il difficile apprendistato imposto a questi guardiani della società e si innamora di un istruttore, che si rivelerà essere anche lui un disconnesso. Insieme sventeranno una congiura degli eruditi che voglio prendere il potere e si avvieranno verso un futuro che sarà svelato solo dai futuri episodi della serie. E’ un film che mescola suggestioni anche interessanti (il potere dilagante della scienza, la ferocia dell’addestramento delle forze dell’ordine, il divario fra ricchi e poveri in una società classista), ma lo fa inanellando banalità su banalità e lasciando il campo soprattutto alle magie della grafica computerizzata. Uno spettacolo a tratti divertente, ma prevedibile dalla prima all’ultima sequenza.