Il quarantatreenne Makoto Shinkai ha realizzato un ulteriore capolavoro, un film che è realizzato da lui in maniera completa: soggetto, sceneggiatura, regia, scelta dei colori, impostazione grafica dei personaggi. Giustamente questo cineasta è considerato un artista a tutto tondo, un autore che potrà fare ancora molto per il cinema con storie mai banali e un linguaggio semplice per raccontare storie complesse.
Presentato con successo a Festival del livello di quello di San Sebastian, ha ottenuto grande plauso tanto da essere ora in corsa per la nomination agli Oscar. Purtroppo, il mercato italiano non lo accoglie come merita e, non fosse per la Nexo, il film non avrebbe nemmeno quei tre giorni di visibilità che permetteranno a pochissimi di vederlo. Campione di incassi in Giappone, è stato distribuito con successo negli Stati Uniti ed in mezza Europa. Per le regole di un mercato che costringono a lasciare più spazio a prodotti forse meno interessanti ma sicuramente più appetiti al box office, questo dramma visionario che fa vivere in profondità il mondo delle anime passerà velocemente, almeno in Italia, nel dimenticatoio. Conosciuto soprattutto per Viaggio verso Agartha (Hoshi o ou kodomo, 2011) – una storia di formazione che porta una ragazza ad essere coinvolta nelle sonorità della radio a galena lasciatale dal padre e in vari incontri con coetanei – e Il giardino delle parole (Koto no ha no niwa, 2013) – che racconta di strana amicizia tra ragazzo quindicenne e una donna ventisettenne nata in un giorno di pioggia nel Giardino Nazionale Shinjuku Gyoen – questo regista mantiene anche nei suoi lavori televisivi un elevatissimo livello sia nello script che nella curatissima animazione. Grazie ad un montaggio molto efficace, trasforma ogni cosa in fantasy di altissimo livello. Qui continua a descrivere le difficoltà che intercorrono tra i sessi attraverso un gioco temporale e spaziale che porta i due protagonisti a scambiarsi la vita, vivendo addirittura l’esperienza di diventare il ragazzo una ragazza, e viceversa. Il dramma è tangibile, ogni situazione porta ad un finale non necessariamente coronato da un happy end. Assomiglia più alla vita vera che non ai sogni di qualche film per famiglie. Musiche perfette, dialoghi puntuali, una storia che affascina e a tratti disturba, animazione che fa dimenticare di essere di fronte a creazioni grafiche e non a personaggi in carne ed ossa. Una studentessa vive in una piccola città rurale, Itomori, e desidera trasferirsi a Tokyo dove pensa che ogni sogno si possa realizzare. Uno studente di liceo vive a nella Capitale, per sopravvivere lavora part-time in un ristorante italiano, ma vorrebbe esprimersi come architetto o artista. Una notte, la ragazzina sogna di essere un giovane uomo, si ritrova in una stanza che non conosce, ha nuovi amici e capisce di essere a Tokio. Nello stesso momento il giovane sogna di essere una fanciulla che vive in una piccola città di montagna che non ha mai visitato. Ambedue preoccupati, cercano di capire cosa sia loro successo e vivono nella speranza di incontrarsi per rimettere ordine nelle loro vite.
