The Salvation, diretto e co-sceneggiato da Kristian Levring, è un western crepuscolare, cupo e glaciale che potrebbe essere esempio di un sottogenere che tanti buoni titoli ci ha dato e che può emozionare. Parla di immigrati danesi, soprattutto di due fratelli ex soldati dell’esercito scappati dalla Danimarca con portandosi i fantasmi di una guerra disastrosa, che cercano fortuna nel nuovo continente e quando sono ad un passo dall’averla conquistata chiamano a sé la famiglia.
E’ quanto fa il colono Jon che fa arrivare la bellissima moglie ed il figlio di dieci anni. Sulla diligenza che li deve condurre alla casa del loro futuro, i viaggiatori s’imbattono in due sbandati che, eccitati dalla bellezza della donna, finiscono per violentarla. La situazione sfugge di mano e Jon, sbattuto giù dalla diligenza in corsa, riuscirà nuovamente a raggiungere i suoi cari quando ormai sono morti. La sua vendetta è immediata e senza appello; purtroppo per lui, uccide il fratello dello spietato colonnello Delarue, un bandito che terrorizza il villaggio di Black Creek e che è disposto a tutto per vendicare l’assassinio del rampollo. L’ex soldato, tradito e isolato dalla comunità, è costretto a trasformarsi da uomo ormai pacifico in guerriero senza paura per salvare se stesso ed il villaggio. Kristian Levring ha iniziato nel millenovecentoottantotto lavorando come regista di spot per produzioni internazionali. Nel 1995, con Lars Von Trier, Thomas Vinterberg e Soren Kragh Jacobsen, ha fondato il movimento Dogma 95, che continua a ispirare registi in tutto il mondo con il suo assoluto rifiuto di utilizzo di illuminazione e quant’altro possa togliere valore ed immediatezza all’opera cinematografica. Col suo film che seguiva i precetti di Dogma, Il re è vivo (The King Is Alive, 2000), è stato premiato a Cannes nella sezione Un Certain Regard. Ha firmato vari titoli più o meno interessanti ed ora questo western che è costato meno di dieci milioni di dollari, coprodotto da cinque paesi, in parte scritto da Anders Thomas Jensen, presente in moltissimo cinema commerciale danese. Dura meno di novanta minuti di cui un quinto dedicato all’incontro tra Jon e la moglie, un po’ troppo per non creare un disequilibrio con le successive scene da western un po’ violento. Con la scelta di colori sgranati, un inizio col rallenty curato, dà l’impressione di volere realizzare un film autoriale, ma poi compaiono i soliti cattivi senza scrupoli che lavorano per chi si è facilmente arricchito, che terrorizzano e violentano una piccola cittadina ed il solito eroe suo malgrado che li sgominerà per vendetta. Più che accettabile come resa tecnica, fa un po’ sorridere per alcune trovate non proprio riuscite.