E’ tutto molto chiaro (o quasi) in Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità dell’americano Julian Schnabel, dedicato agli ultimi mesi di vita del famoso artista Vincent Van Gogh (1853 – 1890). Questo cineasta è anche un pittore le cui opere sono esposte nei maggiori musei del mondo e ha già rivolto il suo interesse ad un altro artista (Basquiat, 1996).
Questa volta ha studiato a fondo i quadri dell’autore de I girasoli e i luoghi in cui ha trascorso gli ultimi mesi di vita. Ne è nato un film in cui il rapporto fra la rappresentazione e l’opera pittorica s’articola, in particolare, nell’uso del colore più che nella trasposizione sullo schermo dei soggetti dei dipinti. Anche se non mancano i riferimenti a celeberrimi dipinti come il Ritratto del dottor Gachet e Un paio di scarpe. Il punto più sorprendente del film è nella parte finale ove il cineasta mette in dubbio il suicidio del pittore, aprendo la strada ad un finale del tutto diverso e all’ipotesi di un vero e proprio delitto. Da notare, positivamente, l’interpretazione che Willem Dafoe che dà del calvario dell’artista mescolando con grane intelligenza riferimenti religiosi a turbe psicologiche. Per questa esibizione l’attore ha ottenuto il premio per la migliore interpretazione all’ultima Mostra del cinema di Venezia. In altre parole, un film di grande spessore che vale la pena vedere su cui riflettere.